L’esplosione dei debiti e i furbetti come esempio

La lettera al direttore

L’esplosione dei debiti e i furbetti come esempio

Egregio direttore, lunga vita ai giornali, poiché, il rischio di ignorare intollerabili dati di fatto sarebbe altissimo e delittuoso. Che dire? Niente di nuovo sotto il sole. I pesci grossi s’ingozzano e s’ingrassano a spalle di quelli piccoli senza alcun patema d’animo.

Per dirla con il compianto sociologo, Zygmunt Bauman, uno dei più grandi ed emeriti pensatori del globo: «La filosofia del business dominante, in una società che da società dei produttori si è trasformata con successo in società dei consumatori si basa sull’idea di fondo che le imprese debbano evitare che i bisogni vengano soddisfatti…e gonfiare i bisogni». Mercoledì 20 novembre, L’Adige nella pagina di economia conferma appieno l’assioma di Bauman, titolando il servizio: «Prestiti per i consumi a livelli record. Più lavoro e tassi bassi spingono le famiglie a indebitarsi».

Si afferma che il credito concesso dalle banche ai consumatori nel 2018 è così articolato: il 36,22% per l’acquisto di automobili e beni durevoli, mentre il restante 63,78 finalizzato ad ottenere più liquidità. Da questi dati si evidenzia che sia lo Stato che ha un debito che supera il 130%, che i cittadini hanno attualmente un tenore di vita superiore alle loro possibilità. Il classico gatto che si morde la coda, poiché è tutt’altro che facile invertire la rotta. Tutti a loro modo bleffano, si stanno facendo in quattro per stare a galla. E c’è poi chi fa il furbo, bara, facendo mancare le indispensabili entrate allo Stato. E qui sta il vero problema, seppure di non di facile soluzione.

Se i cittadini, e in particolar modo i più facoltosi, si rendono conto che barare con lo Stato è come ballare sul Titanic, bene, altrimenti si deve essere consapevoli che ci stiamo condannando tutti, lo si voglia o meno, all’impoverimento e al degrado. La controprova? Sempre L’Adige del 20 novembre, a pagina 31 in cronaca di Riva del Garda titola: «Parte il pane sospeso». Mi tuffo nell’articolo e non credo ai miei occhi: «Da lunedì 2 dicembre in dieci punti vendita sparsi sul territorio comunale sarà possibile compiere un gesto concreto di solidarietà: acquistare del pane da donare alle persone in difficoltà». Gesto nobilissimo ma che la dice lunga sulla società nella quale ci troviamo a vivere. Incredulo e inorridito mi dico, se in una realtà sfarzosa e accecante come questa dove transita e sventola l’agiatezza di mezzo mondo ci sono sacche di bisogno come queste, vuol dire che c’è qualche cosa d’intollerabile che non va davvero.

Giovanni Armani


 

Un deficit ideale prima che economico

Il problema, come ben si leggeva negli articoli che lei cita, è che a ballare sul Titanic è spesso chi non potrebbe permetterselo. La società dell’avere, nel prevalere sulla società dell’essere, sta cambiando ognuno di noi, spingendo effettivamente anche chi non ce la fa a vivere al di sopra delle proprie possibilità, in fondo assomigliando sempre più a uno Stato che tende a promettere molto e a fare sempre meno. Lei solleva anche la questione dei “furbi”.

Dovrebbe far riflettere il fatto che chiamiamo così i disonesti, nel nostro Paese. I furbetti rischiano non solo di affossarci, ma anche di diventare i miti di chi preferisce le scorciatoie alla strada maestra. Non abbiamo solo un problema di lessico e di semantica, ma anche culturale. E se l’onestà smette di essere un valore, il deficit diventa ideale e morale ancor prima che economico.

a.faustini@ladige.it

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