Casse Rurali, la storia deve essere rispettata

La lettera al direttore

Casse Rurali, la storia deve essere rispettata

Egregio Direttore, le scrivo in merito alla lettera di Paolo Malpaga e alla Sua cortese e ferma risposta. Sono Socio della Cassa Rurale del mio territorio da oltre 40 anni. Sono stato per quattro mandati nel CdA della stessa, l’ultima volta oltre dieci anni fa. Mi sono sempre sentito (da Socio e da Consigliere) parte di una Storia ultracentenaria di cui ero e sono orgoglioso.
La “demolizione” sistematica di quella Storia, il “tradimento” dei fondamenti etici fondanti del credito cooperativo in nome di «un’imposizione del mercato» (parole Sue, egregio Direttore) portano a dover concludere che «le Casse Rurali non ci sono più e che ora sono istituti come gli altri» (anche queste, parole Sue). Lei sostiene, inoltre, che tutto ciò servirà ad evitare l’iceberg che è in acqua da tempo e che sarà proprio questa nuova rotta a consentirci di evitarlo, e, ancora, che «non si può pensare di salvare la storia insieme al futuro».

Mi perdonerà, egregio Direttore, ma dissento totalmente. Le Casse Rurali di una volta (quelle che ricorda lei e che ricordo anch’io) sono nate proprio per consentire a chi era escluso dal “mercato” di poter avere un’opportunità! Sono state istituite per affrancarsi dalle imposizioni del mercato, in modo da poter operare secondo finalità differenti: non le leggi del profitto come unico faro, ma le leggi della cooperazione e della solidarietà.
Molte delle Casse Rurali Trentine sono passate attraverso un cambio di nazionalità, due guerre mondiali, tre sostituzioni della valuta corrente e numerosissime altre traversìe economiche e finanziarie nazionali ed internazionali. E sono riuscite ad evitare, non certo facilmente ma li hanno evitati, tutti questi iceberg, adattandosi di volta in volta ai numerosi “mondi nuovi” che si sono via via presentati senza “tradire” i propri principi fondanti.
Oggi ci si dice che l’iceberg è più grosso. Sarà…! Tuttavia proprio il fatto che le crisi in campo economico, finanziario e creditizio sono sempre state innescate dalla caduta di istituzioni grandiose e mai, nemmeno una volta, dalle difficoltà di una o più realtà piccole, qualcosa dovrebbe insegnare. Sono più solidi cento Davide di un unico, per quanto grosso, Golia. E, dunque, non solo si poteva, ma secondo me si doveva pensare di salvare la storia per salvare il futuro. O per lo meno per poterselo scegliere, il futuro.

Lucio Binelli


 

La storia non va mai confusa con la nostalgia

Prima di tutto chiariamo un equivoco: io non devo convincerla e lei non deve essere d’accordo con me. Anzi. Questo è uno spazio di confronto e il confronto prevede, per definizione, che ci siano posizioni anche molto diverse fra loro. Sulla scelta del futuro le dico che, al di là delle goffaggini e di qualche interpretazione sgradevole di regolamenti comunque esistenti, siamo di fronte ad un processo democratico. Le assemblee votano e non posso pensare che siano (siate?) tutti come D’Alema e Bersani, che di fronte ad ogni sconfitta, anziché remare comunque con orgoglio e immutato senso d’appartenenza insieme a chi ha vinto, preferiate cercare altre rotte, altre barche e altro vento. Ricordo bene la storia delle Casse rurali. Ricordo le pagine che ho letto e anche quelle che ho vissuto.

Inoltre, non sono solo un correntista. Sono anche un socio. Anomalo, perché preferisco sempre mantenere la giusta distanza dalle cose, per il mestiere che faccio. Le posso anche dire che quando ho lasciato, tanti anni fa, un famoso istituto per spostarmi in una Rurale, l’ho fatto cercando - e trovando - tutto ciò di cui parla lei. Il profitto non era un unico faro. Contavano le persone. Contava la cooperazione, contava la solidarietà. Ma il profitto non s’è mai ignorato nemmeno in quel tempo lontano, come ben dimostrano i conti di allora. Le cose andavano bene perché il Trentino, l’Italia, l’Europa e il mondo erano profondamente diversi. La sua idea delle grandi crisi è suggestiva e poetica. Ma oggi non c’è solo la grande crisi, c’è anche la piccola crisi. C’è una crisi di sistema. L’immagine di Davide e Golia è sempre bella. Ma solo se Davide ha una buona fionda e una pietra a portata di mano. Diversamente, solo unendosi a più di un amico Davide riuscirà a sconfiggere Golia. La storia resta, caro Binelli.

Ma si lasci dire da chi lavora in giornali che sono profondamente cambiati, all’interno di un mondo che vive una crisi senza precedenti, che la storia non va mai confusa con la nostalgia. Perché va avanti, la storia. Mentre la nostalgia funziona solo se è rivolta al passato. E proprio la storia dirà se siamo di fronte a un tradimento o al tentativo di salvare quel faro di cui parla lei e che tutti noi non solo ricordiamo, ma riconosciamo. Sulla scelta del futuro, infine, concordo. L’ho già scritto e lo ribadisco: serviva un processo diverso, serviva maggior condivisione e serviva maggior trasparenza. Forse il cda di cui lei fece parte si sarebbe mosso in modo molto diverso (e anche questo l’ho in parte già detto), ma dubito che da dentro quel cda lei avrebbe visto situazioni e conti diversi da quelli che stiamo vedendo tutti insieme in ogni angolo del globo. C’è modo e modo di salvare la storia. Ma talvolta è necessario concentrarsi sul presente. Non facendolo, si rischia di perderlo proprio di vista, il futuro. A dire che gli iceberg di oggi sono molto più grandi persino di quelli del tristemente famoso ‘29 non sono io, purtroppo. Ad alcuni fa piacere dire cose molto diverse. Talvolta temo che più d’uno lo faccia però - come più di un politico - per tutelare il proprio presente anziché per ragionare sul futuro della collettività. So che dissentirà con maggior veemenza, ma io faccio il cronista. Tento, con tutti i miei limiti, di attenermi ai fatti.

a.faustini@ladige.it

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