Il virus e la potenza di certe immagini

La lettera al direttore

Il virus e la potenza di certe immagini

Carissimo Direttore, la speranza che questa pandemia di emergenza sanitaria possa giungere al giro di boa è un auspicio che tutti noi ci auguriamo, dai dottori ai tanti infermieri, coloro che per primi si sono sacrificati lottando sempre in trincea e nella maggior parte dei casi con armi spuntate, sacrificando la vita di molti, sicuramente troppi per il bene comune. Un forte richiamo al pericolo di questo virus: tristemente pericoloso e subdolo, dibattuto dalla buona stampa con grande responsabilità con incontri quotidiani di esperti virologi che ci aggiornano sull’evolversi di questa pandemia.
La tecnologia a distanza ci aiuta, i selfie non si fanno più nelle piazze ma negli ospedali, nelle case di riposo, la scuola offre programmi di insegnamento online, la Chiesa recupera le campane come momento di fede e preghiera, e in tutto questo cineoperatori e fotografi non si risparmiano nel documentare istanti di questo dramma planetario, mentre le persone vivono ogni momento barricate in casa.
Alcune immagini ci fanno riflettere e resteranno sicuramente nella memoria collettiva. Penso a quel fotogramma di Papa Francesco, ripreso dall’alto in piazza san Pietro in una giornata plumbea e minacciosa, incamminarsi solo, con il capo chinato, pensieroso, come volesse condividere la sofferenza che tanta gente nell’era Covid-19 si trova ad affrontare insieme alle nostre fragilità, i nostri momenti di incertezza, di isolamento con le nostre paure e con il futuro ancora incerto.
Certamente non sarà un fotogramma a cambiare la vita ma ci sentiamo più uniti in questo momento di isolamento forzato, in un cammino condiviso, con il Papa vicino a noi, lo possiamo trovare in famiglia, con i nostri cari, niente sarà come prima, ma la Pasqua è segno di speranza, dobbiamo trovare la forza di credere.

Gianni Zotta, fotografo


 

Il Papa è entrato in tutte le case

Caro Gianni, la potenza di quell’immagine - e lo dico a un fotografo di rara bravura come te - ha profondamente colpito anche me. E non è un caso che abbia trovato uno spazio per quell’emozione e per quel messaggio fortissimo nel mio editoriale del 29 marzo. A volte - ed è di nuovo inutile che lo dica a te - un’immagine può cambiare una vita e anche dare un senso alla morte, a questa solitudine nella solitudine con la quale stiamo facendo i conti per la prima volta. Penso anch’io che molte delle foto che stiamo vedendo abbiano la capacità di restare: nei nostri occhi, nella nostra memoria, un po’ come la foto che hai fatto tu a Papa Giovanni Paolo II a Stava. Perché ci sono foto che si riempiono di parole e di pensieri. Che sono articoli, editoriali, memoria e molto altro insieme. E il Papa di oggi, persino più di quello che tu avevi fotografato in quel giorno ormai lontano, è riuscito davvero ad entrare in tutte le nostre case. Con la straordinaria energia della sua apparente semplicità. Dico apparente, perché Francesco, da buon gesuita, riesce ad essere profondo e semplice insieme, riuscendo sempre a muoversi su più livelli. Buona Pasqua a te e ai tanti lettori caro Gianni.

lettere@ladige

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