Per favore aprite le case di riposo

Per favore aprite le case di riposo

Egregio Direttore, tempo fa ho letto le lettere di Luigino Beber e Maria Assunta Bertagnolli e ieri quella della signora Daniela Chizzola. In questo periodo così duro, ogni giorno si sentono descrivere situazioni tragicamente nuove per le quali, secondo me, vale la pena metterci la faccia a sostegno di chi le lamenta.
E dunque eccomi ad appoggiare Beber, Bertagnolli, Chizzola e tutti gli altri familiari che condividono le loro istanze. Conosco la situazione delle case di riposo.
Purtroppo tanti ospiti sono soli al mondo o con familiari lontani o addirittura che, seppur vicini, non li vanno a trovare, ma per chi lo desidera è giunto il momento di poterlo fare.
Ho aspettato a scrivere perché ho sperato che chi di dovere si mettesse una mano sul cuore e rispondesse pubblicamente. Non è successo e allora ci riproviamo e facciamo conto che questa sia una lettera aperta al presidente Fugatti, all’assessore Segnana e al presidente Upipa, Parolari. Per favore autorizzate un familiare (uno alla volta, ma al limite anche sempre quello), anche solo una volta al giorno (per ora) a far visita al loro caro. Come è possibile esser stati colpiti dai camion con i morti di Bergamo e rendere “morti” i nostri cari ancora vivi? Con tutti i limiti, magari agghindandoli come il personale che li cura, facendo tutti i protocolli come per esso previsti, pretendendo che il familiare passi dai controlli come chi deve andare in fabbrica: questo o altro ma permettete che possano vederli. Questa richiesta arriva adesso, non nei primi tempi. O si deve aspettare il vaccino prima di vederli?
Provate a capire cosa potete fare, ma non prendete decisioni soltanto “a futura difesa”. Fate firmare al familiare una liberatoria come si fa in ospedale per gli interventi, e pensate a cosa fareste se lì dentro ci fosse un vostro papà o una vostra mamma. E se purtroppo il rischio rimanesse ancora alto, rispondete pubblicamente in modo che tutti possano conoscere le vostre valutazioni e ci si possa formare un’opinione. Che si possa capire se sono valutazioni medico-scientifiche o sgambetti politici di bassa lega.

Sandra Roner - Pergine Valsugana

 

Vi appoggio e vi sostengo

Vi appoggio e vi sostengocon tutta la mia forza e vi capisco con tutto il cuore. Allo stesso modo, mentre giro questa lettera a chi può decidere (a chi non può più non rispondere), le devo dire che sono ancora in molti - a livello scientifico e non fra i tanti improvvisatori che vedo girare ovunque in questo tempo sospeso - a sostenere che in Trentino siano morte più persone nelle case di riposo (rispetto ad esempio a quanto accaduto in Alto Adige) perché le visite non sono state bloccate subito e in modo per così dire omogeneo (perché un blocco, ma non da parte della politica, come ricorderà, vi fu). Secondo me va trovata una soluzione che consenta le visite in massima sicurezza. Non va abbassata la guardia, non vanno abbassati i livelli di sicurezza, ma - mi lasci dire collegandomi alla sua immagine fortissima dei camion carichi di morte e di morti - vanno tutelati anche i vivi. Perché i nostri anziani hanno estremo bisogno del conforto di uno sguardo (visto che per dar loro una carezza e un bacio dovremo aspettare ancora). Siamo arrivati a una specie di punto di non ritorno, nel quale le vite sono messe a rischio anche dalla distanza, dall’assenza, dalla lontananza. Un compromesso si può e si deve trovare. Garantendo la sicurezza e, insieme, la necessità di riavvicinarci a quella generazione che è uscita decimata da questa tragica lotta.

 

 

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