I tanti limiti dimostrati dalla didattica a distanza

Lettera al giornale

C‘ è chi ripropone, ad ogni occasione, come una sorta di mantra spirituale, la tesi secondo cui la didattica a distanza avrebbe «salvato la scuola» dalla crisi generata dall‘emergenza pandemica. Io so solo che c‘è chi ha lavorato sodo per non sortire un granché dai propri allievi, e chi si è "grattato la schiena", per dirla senza peli sulla lingua, percependo lo stipendio. Io dico che la didattica a distanza ha solo mortificato e annichilito, in una misura ulteriore, i valori della cultura, della democrazia e della giustizia. Inoltre non ha sortito alcun valido esito pedagogico e culturale.

Direi che, nella migliore delle ipotesi, la "dad" ha solo tamponato un vuoto didattico ed educativo generato da un grave rischio epidemiologico. Il ricorso a forme e strumenti digitali è servito a ricucire e stabilire un legame virtuale con alcuni alunni, specie i più piccoli e fragili. In alcune situazioni ha mantenuto insieme le classi e ha permesso una relazione umana di dialogo ed empatia tra i docenti e i loro discenti. Ed è stato un bene. Io stesso ho impiegato varie forme di didattica a distanza, anzitutto per ripristinare quel legame affettivo ed empatico con i miei alunni.

Ma non tutti i miei alunni e le loro famiglie hanno avuto gli strumenti (tecnici, economici e culturali) per seguire in maniera serena ed efficace le attività on-line. Ad ogni modo in aula un docente, se provvisto di doti e qualità morali ed intellettuali intrise di cultura, empatia, carisma, sensibilità, autorevolezza e prestigio, avrebbe la possibilità di colmare, o almeno ridurre, un divario socio-culturale tra gli allievi, mentre la "dad" concorre solo ad accrescere tali distanze. In linea teorica, un‘efficace didattica svolta in modalità on line, può servire ad una trasmissione delle nozioni teoriche, nella migliore delle ipotesi. Non a caso gli stessi percorsi di recupero e di integrazione degli apprendimenti, che sono stati previsti a partire dal mese di settembre, sono la spia che tradisce le carenze ed i limiti stessi insiti nella didattica on line.

Lucio Garofalo


Per questo Paese la scuola non è una priorità

Dalla sua lettera emerge con grande chiarezza come non si possa generalizzare. C'è chi ha lavorato di più e meglio - fra i docenti e gli studenti -, c'è chi ha lavorato peggio (fra i docenti e gli studenti) e c'è che ha cercato di barcamenarsi (sempre fra i docenti e gli studenti). Penso che ognuno di noi abbia la sua personale statistica: fatta di cose vissute in famiglia, di cose sentite, di testimonianze raccolte qua e là. Io ho capito soprattutto due cose: che la scuola, salvo rarissime eccezioni (perché le scuole che sono entrate nel futuro da tempo comunque esistono), non era pronta ad un passaggio del genere, anche se molti singoli docenti - con un grande sforzo individuale che raramente è diventato collettivo - l'hanno reso possibile.

E che il divario digitale resta un tema gigantesco - prossimo all'emergenza sociale, visto che taglia fuori pezzi importanti di società - in un Paese, l'Italia, che pensa invece di essere all'avanguardia. Aggiungo una considerazione: per fortuna molti genitori si sono trasformati in maestri e professori. Comunque la Dad, insomma la didattica a distanza, anche se la ministra Azzolina ha stranamente visto un altro film, è stata un sostanziale fallimento. Avrei voluto scrivere colossale fallimento, ma lo sforzo individuale di molti, di cui parlavo e che anche lei ha registrato, ha evitato che il fallimento fosse appunto colossale. Insisto infine nel dire che s'è capito con chiarezza che per questo governo - o forse dovrei dire per questo Paese - la scuola non è una priorità. Gli esempi che lo dimostrano sono purtroppo mille. Mi lasci aggiungere che in una normale azienda non percepirebbero lo stesso stipendio - ora cito le sue parole - quelli che hanno lavorato sodo e quelli che si sono grattati o che si sono di fatto chiamati fuori.

lettere@ladige.it

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