Scuola, riapertura con ben altre urgenze

Lettera al giornale

Scuola, riapertura con ben altre urgenze

Caro direttore, le scuole in provincia apriranno il 14 settembre. Le misure per evitare i contagi saranno al centro del programma per la riapertura e saranno al primo posto tra le esigenze che necessiterà il nuovo modello scolastico post - covid. Ma dopo oltre 3 mesi di chiusura quali saranno le nuove problematiche, che personalmente piace chiamare sfide, che la scuola post - covid si troverà ad affrontare? Quali sono i cambiamenti che il lockdown ha quindi comportato nel nostro sistema scolastico? Se vogliamo partire con sicurezza ed efficienza non dobbiamo dimenticarci di queste essenziali domande. Come per le problematiche socio-economiche, anche le sfide che la scuola dovrà affrontare fanno da tempo parte del nostro sistema scolastico, ma da tempo, come quelle sociali ed economiche, sono sommerse e poco considerate; solamente un lungo periodo di lockdown è riuscito a farle tornare a galla. Il sistema scolastico è stato costretto a reprimere troppo a lungo tutti i propri malesseri. E adesso quest’ultimi, tornando a galla, fanno paura. È necessario che la società affronti in modo coraggioso questo impaurito, ma estremamente autentico, sistema scolastico. È un processo di “metamorfosi istituzionale”. L’abbandono scolastico, l’assenza di dialogo, la cristallizzazione dello studio che ha come unico fine la valutazione, l’istruzione che sovrasta l’educazione cancellandola dalle priorità, l’annientamento della soggettività in nome della trasparenza e delle valutazioni oggettive, hanno meccanicamente fatto passare in secondo piano i soggetti che formano la scuola. I problemi si sono radicalizzati, il livello di relazioni e dialogo tra alunno e insegnante è completamente cambiato. La scuola è diventata il luogo d’apprendimento, dove tutte quelle belle esperienze al di fuori dell’aula perdono valore. Ma in questo periodo non abbiamo anche noi lavorato al di fuori dell’aula scolastica? Non abbiamo sperimentato perfino noi, anche se in modo inefficace e quasi fallimentare, nuovi luoghi per l’apprendimento? La necessità di creare nuovi luoghi d’apprendimento per il domani è sempre più forte, il coronavirus lo ha evidenziato come mai prima d’ora: le aule scolastiche non possono essere più l’unico luogo dove apprendere e far apprendere, o perlomeno non come le abbiamo percepite fino ad ora. Il rapporto causa-effetto tra studio e retribuzione mediante voto, nel periodo d’emergenza, si è rilevato fallimentare evidenziando ancora una volta l’inefficacia del voto come strumento per insegnare. «I più deboli non sono stati abbandonati» abbiamo sentito dire più volte. Il fenomeno della dispersione scolastica, però, durante l’emergenza non è scomparso. Anzi, è mutato. A questo si è aggiunta la dispersione scolastica “passiva”. Ovvero quella di frequentare la scuola senza passione, attenzione, concentrazione. Ovvero quella di essere davanti al computer facendo altro, quindi frequentare la scuola, senza di fatto frequentarla. Non solo abbiamo avuto il problema evidente che molti studenti non partecipassero alle lezioni a distanza, come non partecipavano a quelle in presenza. Ma a gravare su questo problema, oltre al divario digitale, c’è stato il calo di attenzione e di volontà da parte di molti. La necessità di tornare a scuola è forte, ma fin che la crisi dell’attuale sistema scolastico non entra a far parte dei primi punti delle agende politiche, le speranze rischiano di perdersi. Serve un distaccamento radicale dal vecchio sistema. Perché non è più sostenibile, non è più appassionante, non è più efficace. Dovremmo concentrarci davvero ad educare i prossimi cittadini, prima che istruirli. E come fare, se non iniziando a parlare di scuola all’interno della scuola stessa. Perché chi parla di scuola parla di società, di cultura, di cambiamento e soprattutto di futuro. Per settembre non basta più solamente una politica finanziaria ed economica che cerchi di riempire le lacune dell’edilizia scolastica. Per ricominciare non serve solamente una data o degli scenari numerici che determinano nuove assunzioni e nuovi fondi. Per ripartire a settembre serve un obiettivo, e il Ministero dell’Istruzione non può avere come obiettivo la riapertura delle scuole, perché se si limita la riapertura a se stessa, anche l’obiettivo diventa fine a se stesso, e quindi inefficace. L’obiettivo della scuola post-covid dev’essere lo stesso che avremmo dovuto avere nel periodo pre-covid, da sempre, ma che da sempre abbiamo dimenticato: educare i cittadini del domani porgendo le basi per un futuro migliore, educando gli studenti all’umanità e alla vita.

Andrea Dalla Serra


 

La scuola esce sconfitta dall'emergenza

Il fatto che queste parole arrivino da uno studente di 17 anni rende ancor più importante questo ragionamento. La scuola, salvo qualche rara eccezione, esce sconfitta dall’emergenza. Meglio parlare infatti di scuole, al plurale: di quelle che hanno addirittura trasformato il nuovo modo di fare lezione in un’occasione di crescita (tu diresti di metamorfosi) e di quelle che non ce l’hanno fatta. Le prime, forse, sono già simili a quelle di cui parli nella tua lettera e non hanno bisogno di chissà quale riforma per entrare nel futuro; le seconde invece rischiano, se non riescono ad adeguarsi e a cambiare in fretta, di non essere all’altezza della situazione e delle aspettative non solo degli studenti, ma anche di una società che ha bisogno di stimoli diversi. Il divario digitale, come dici tu, è solo uno dei problemi di una scuola che rischia di non essere inclusiva pur puntando più a questo che all’eccellenza. Un doppio paradosso. Come ho già scritto più volte, il coronavirus ha dimostrato che la scuola - che non a caso ha aperto solo per questa sottospecie di esame di maturità - non è una priorità di questo Paese.

lettere@ladige.it

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