L’orso M49, simbolo della voglia di libertà

Lettera al giornale

L’orso M49, simbolo della voglia di libertà

L’orso M49 è destinato ad essere ricatturato, magari anche ad essere abbattuto, ma in questo tempo strano che stiamo vivendo fatto di tragica pandemia e speranza incessante di vita e di rinascita, quest’orso è diventato il simbolo di un Trentino libero, innamorato della libertà, un Trentino che parla una lingua nuova, irrispettosa dei canoni tradizionali e di un carattere antropologico riservato e ligio.
Quest’orso resterà nella storia della nostra terra come una sorta di figura di contraddizione, nutrirà tante storie per bambini e bambine, che avranno seguito con apprensione i suoi movimenti e la sua sorte. Come sempre gli adulti si divideranno, ne faranno argomento di disputa anche feroce, pensando ad altro, certo non a M49, troppo inquietante da vivo e libero come da prigioniero o da morto.

Mario Cossali


 

Se torna a dare problemi non può che tornare in "carcere"

Mi piace questa declinazione del concetto di libertà che arriva dal presidente dell’Anpi e da chi conosce molto bene il valore - e il significato - della libertà. In un certo senso, penso che M49 avrebbe preferito evitare tutta questa popolarità: perché può essere anche bello passare per Papillon, per il re della fuga, per il principe dell’evasione, ma non è altrettanto bello essere nel mirino di tutti, dividendo l’Italia - e il Trentino - fra innocentisti e colpevolisti, per dirla con termini che di solito non si usano per gli animali.
E un po’ qui sta il punto, perché abbiamo tutti umanizzato M49, considerandolo un cartone animato, un simbolo appunto. Invece è un orso, grosso e per diverse ragioni pericoloso. Io mi auguro che possa starsene lontano dalle montagne, ma se torna a dare problemi - esattamente come accade all’uomo - non può che tornare in “carcere”, anche se tutti gli esperti concordano nel dire che la morte, per un animale come quello in questione, è una soluzione migliore rispetto all’ergastolo. Ma la razionalità è ormai lontana da un dibattito che mette insieme emozioni, ricordi e qualcosa di ancestrale.

lettere@ladige.it

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