La cacciata di Conte mi ha rattristato

Potevamo tenerci Giuseppe Conte? Un lettore è "rattristato" dall'uscita di scena repentina dell'ex premier. Il nostro Direttore gli risponde.

La cacciata di Conte mi ha rattristato

Caro direttore, come ex modesto collaboratore dell'Adige, desidero far conoscere a tutti i nostri lettori e colleghi che ti scrivo qui solo perché interessato, e spesso motivato, dalle tue risposte. Il leggermi mi annoia, leggere altri mi stimola.Finito questo te deum professionale, ti dirò che la uscita di Conte (o la cacciata ?) mi ha messo un che di tristezza. Non l'ho mai molto apprezzato, anzi poco stimato per le incursioni notturne online, per l'annunciare provvedimenti che erano doveroso compito di altri, cioè dei suoi ministri, quelli che in pratica lo hanno asfaltato.Lo si è salutato con un rito inusuale per la nostra Repubblica: "Onore a Conte", con l'applauso non so se di vecchi parlamentari o di nuovi ministri, nostalgici o contenti, non so. Il professore se ne è andato tenendo per mano la sua compagna (o moglie) alla moda di Trump e altri che esibiscono la metà come fosse l'assicurazione di una assicurata, indiscussa serietà. Ho provato quindi simpatia per lui ma anche un brivido.Con quel saluto non abbiamo mai salutato i morti del dovere, militari mandati all'estero in silenzio, mai un uomo del governo. Parlo di Moro, Mattarella fratello, giudici come Livatino e commissari allo sbaraglio, come Calabresi. Al massimo si è suonato il "silenzio". Mi è venuto in mente Hemingway che inizia il suo romanzo della guerra in Spagna con un verso di John Donne: «Non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te». E ho provato paura perché Draghi, votato da tutti e con applausi da Colosseo, inizia da subito una strada piena di difficoltà, di distinguo e ripensamenti, del giorno dopo da parte di tanti. Non vorrei fosse anche stavolta così perché amo il suono delle Campane a stormo e ormai meno delle campanelle.

Giuliano Fago Golfarelli


 

Com'era successo a Prodi e Berlusconi

Ti rispondo dopo aver appreso della morte di due servitori dello Stato, di due persone preziose, di due uomini dei quali forse un giorno non ci ricorderemo il nome: l'ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci. Anche per questo non è facile risponderti, questa volta. Partiamo dall'onore nei confronti di Conte. L'amico Sebastiano Messina ha scoperto (scrivendone su Repubblica) che tutti gli ex presidenti negli ultimi decenni sono stati salutati in modo analogo in occasione della loro uscita di scena e ha rivelato anche che ogni volta si è scritto che non era mai successo prima. Incredibile, no? A Palazzo Chigi è insomma una bella tradizione quella di affacciarsi per rendere onore al presidente che se ne va. È successo a Prodi, a Berlusconi, a Letta, a Monti, a Renzi, a D'Alema, a Conte... I presidenti hanno risposto in modo diverso: muovendo leggermente la manina, come la regina Elisabetta, sbracciandosi, mettendosi due mani sul cuore (il gesto è attribuito a Enrico Letta). L'unica novità - rispetto all'addio di Conte - sembrerebbe essere quella dell'entrata in scena della compagna.I morti del dovere, come li chiami tu con una bella definizione, sono invece quasi sempre stati salutati e persino omaggiati. Due i problemi: che spesso li si saluta bene, con la necessaria riconoscenza intendo, solo da morti (pochi di noi conoscevano infatti ad esempio il lavoro di Attanasio e Iacovacci) e che troppe volte i loro nomi e i loro volti vengono dimenticati a dir poco in fretta. Non farei però una gara fra i servitori dello Stato. Molti - come l'attentato di ieri in Congo in parte ci insegna - lo servono in modo anonimo ogni giorno; altri, non sempre per scelta loro, lo fanno sotto i riflettori: questo cambia il nostro "sentimento" (legato all'apparente conoscenza) nei loro confronti, ma la gratitudine non si misura in applausi o in lacrime, in fondo. Perché i padri della patria - in diversi lavori - restano e invece, per definizione, i passanti - di nuovo: in diversi lavori - passano. In quanto a Conte, ha indubbiamente cercato di fare il meglio possibile in una situazione complicatissima: da una parte la pandemia, dall'altra il tentativo di tenere insieme partiti che la pensavano in modo opposto su troppi temi. Qualche annuncio fatto non all'ultimo minuto e magari non sui social ma in modo ufficiale, certamente avrebbe contributo a renderlo maggiormente indimenticabile. Ma anche lui, in fondo, sapeva fin dall'inizio che la campana a un certo punto si sarebbe messa a suonare, persino prescindendo dai meriti e dai demeriti. Un po' perché è così la politica, che vive di equilibri che cambiano continuamente e che richiedono donne e uomini diversi per ogni stagione; un po' perché noi italiani siamo fatti così: prima ci innamoriamo dei salvatori della patria (da non confondersi appunto con i servitori della patria) e dopo una più o meno breve luna di miele li scarichiamo. Ripeto una cosa già detta altre volte: da noi una Merkel non potrebbe esserci. Perché ancora non chiamiamo una donna a palazzo Chigi, certo, ma soprattutto perché dopo qualche anno ci stufiamo di chiunque. Non stufiamoci però di ricordare gli eroi invisibili come Attanasio e Iacovacci e come i tanti che sono di fatto sempre morti per noi e per il nostro Paese.

lettere@ladige.it

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