Stamina, processo al via Vannoni: forse mi candido

«Io sono sereno. Posso dimostrare la correttezza del mio comportamento: ho le prove e i documenti necessari». Così Davide Vannoni si prepara ad affrontare il processo per tentata truffa alla Regione Piemonte che si è aperto ieri in tribunale a Torino e ruota attorno alla sovvenzione di 500 mila euro chiesta all'ente pubblico, ma rifiutata nel 2008, per far decollare la terapia a base di staminali. «Quei soldi - ricorda - non li vidi e mi sarebbero stati di grande aiuto. Ho dovuto indebitarmi con le banche»

«Io sono sereno. Posso dimostrare la correttezza del mio comportamento: ho le prove e i documenti necessari». Così Davide Vannoni si prepara ad affrontare il processo per tentata truffa alla Regione Piemonte che si è aperto ieri in tribunale a Torino e ruota attorno alla sovvenzione di 500 mila euro chiesta all'ente pubblico, ma rifiutata nel 2008, per far decollare la terapia a base di staminali. «Quei soldi - ricorda - non li vidi e mi sarebbero stati di grande aiuto. Ho dovuto indebitarmi con le banche».
La Regione bocciò il finanziamento perché, sancisce la procura di Torino, il progetto di Vannoni era da un lato «privo di contenuto scientifico» e, dall'altro, popolato di invenzioni e millanterie. Già nel 2008, insomma, c'era chi bollava il papà della metodica Stamina come una specie di imbonitore. «Ma noi siamo certissimi della sua innocenza», affermano i nuovi legali di Vannoni, gli avvocati Liborio Cataliotti (già  difesore di Wanna Marchi  - nella foto a dx con Vannoni ) e Pasquale Scrivo. «L'iter burocratico fu regolare. I pazienti, diversamente da quanto afferma la procura, esistevano. E i due professori ucraini sono accademici di tutto rispetto: hanno pubblicato dei lavori e sono anche stati invitati all'università di Tokyo per un convegno sulle staminali».
La battaglia in tribunale comincerà il 22 maggio. Il pm Giancarlo Avenati Bassi ha citato 26 testimoni, gli avvocati hanno risposto con 30: nell'elenco figurano l'allora presidente della giunta regionale, Mercedes Bresso, gli assessori Eleonora Artesio e Paolo Peveraro, l'ex consigliere Riccardo Nicotra (Nuovo Psi), funzionari, medici come Marino Andolina, stretto collaboratore di Vannoni.
In attesa della maxi inchiesta del procuratore Raffaele Guariniello, che sta preparando una raffica di avvisi di chiusura indagine per la ventina di persone coinvolte, il processo per la tentata truffa si trasformerà in un primo banco di prova giudiziario per la terapia Vannoni. I difensori faranno testimoniare in aula quattro pazienti e ribadiranno che «Vannoni ha sperimentato la terapia su di sè, dopo essere stato indirizzato nel 2001 a Karkhov da dei medici italiani, con benefici che tutti possono vedere».
Vannoni, nonostante la durissima ordinanza di un giudice torinese che equipara la sua cura a un «Quack method», un metodo da «ciarlatano», non demorde. Dice che la terapia agli Spedali Civili di Brescia riprenderà non appena possibile perché «non si possono disapplicare le decisioni degli altri giudici»: bisogna solo aspettare che «la nostra biologa ritorni a lavorare dopo una pausa giustificata da ragioni personali». E medita di candidarsi alle europee: «Mi hanno contattato due politici, due amici che si interessano alle terapie compassionevoli. Per ora stiamo ancora parlando. Ma non ho detto di no». Al processo ci sarà dalla prossima udienza. Ieri no «perché trattava solo questioni tecniche». In tribunale si è presentato il parente di una donna malata: «Volevo vederlo in faccia». Appuntamento rimandato.

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