Galli: «Il commissario in Calabria? Anche in emergenza contano più le amicizie delle competenze»

«Posso solo aprire le braccia. L’impressione è che in Italia, anche in una situazione così drammatica, per determinate posizioni, non si chiama sulla base della competenza e della reale preparazione ma si chiamano gli amici degli amici. Questa è una situazione che qualsiasi cittadino credo possa avere. Ce ne sono in continuazione, anche ora, di scelte infelici. Che volete che vi dica».

Massimo Gali, ordinario di malattie infettive alla Statale di Milano e direttore di malattie infettive all’ospedale Sacco, risponde così, durante la trasmissione Agorà di Rai3, a una domanda sul neonominato commissario ad acta per la Sanità della Calabria, Giuseppe Zuccatelli.

Rispetto alle dichiarazioni di Zuccatelli in merito alla inutilità della mascherina poiché il virus si trasmetterebbe solo baciando qualcuno per 15 minuti, Galli afferma: «A inizio pandemia sono state detto tante cose, ma uno che si occupa di organizzazione sanitaria, forse è meglio che non si allarghi, che abbia un atteggiamento tale per cui non si vada a allargare su cose che non conosce e di cui non conosce la portata. Fa paura l’affermazione apodittica, completamente sbagliata, da leggenda metropolitana, che fa parte dell’atteggiamento che non va bene».

Quanto all’attuale scenario epidemico, Galli osserva: «Non c’è alcun dubbio che la situazione sia ampiamente fuori controllo» e l’appello dell’Ordine dei medici che ha chiesto ieri il lockdown in tutta Italia «in realtà esprime un parere che è assai generalizzato tra i medici del nostro Paese. E quelli che hanno parere diverso, lo hanno per motivi loro, non sulla base di un dato scientifico o di realtà».

I dati, ha sottolineato, «mostrano un costante incremento della diffusione dell’infezione e non siamo ancora alla riduzione del fenomeno». Per questo, «le misure adottate vanno applicate con estrema attenzione ed efficacia, se non vogliamo trovarci in una situazione ancora più complessa in brevissimo tempo». Quindi rispetto all’eventualità di una chiusura specifica: «si possono considerare ancora differenze regionali, ma con attenzione per non vanificare il risultato».

Quello che però soprattutto «bisogna sapere fin da ora - ha insistito - è che, in ogni caso, dopo un eventuale lockdown nazionale, non è che subito dopo si potrà fare come l’estate passata, altrimenti saremmo da capo. E questo non può essere oggetto di un tira e molla politico».

In generale, per Galli «è necessaria una programmazione che consenta di capire come possiamo uscire da questa crisi nell’immediato e come possiamo continuare a starne fuori finché non arriverà qualche cosa che ci metterà al riparo. E questo qualcosa probabilmente sarà soltanto il vaccino, che però non sappiamo quando lo avremo e, purtroppo, nemmeno se l’avremo».

Rispetto alle parole del ministro della Salute Roberto Speranza, che è tornato ieri a ripetere che il vaccino verrà distribuito entro la fine del primo quadrimestre del 2021, Galli osserva: «sono completamente solidale a delle posizioni di buon auspicio ma non possiamo stare in attesa di un risultato che non sappiano se si concretizzerà e quando. Sarebbe come andare in battaglia sperando di avere in mano un’arma che arriverà tra un numero imprecisato di mesi».

La parola d’ordine quindi per Galli è programmazione, quello che, suggerisce, è in parte mancato per le scuole. «Il costo epidemiologico dell’apertura delle scuole esiste e non si può negarlo, altrimenti sarebbe un discorso di comodo», ha detto.

«Abbiamo passato l’estate a dibattere sul fatto che i banchi a rotelle non servivano a molto» ma quello che «non si sono messe le scuole nelle condizioni di avere una presenza sanitaria» che «permetterebbe di poter sfruttare tamponi rapidi e test salivari che arriveranno si spera presta, così da intercettare e contenere subito eventuali infezioni nelle scuole, anche primarie. Anche questo - ha concluso - è un discorso di organizzazione».

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