Covid, tamponi dai veterinari? La Fnovi: noi abilitati ad agire sugli animali, non sull'uomo

Nei giorni scorsi si è parlato dell'ipotesi che anche i veterinari possano essere coinvolti nelle attività di prelievo di campioni per le analisi covid.

La proposta era stata lanciata inizialmente dal presidente del veneto, Luca Zaia, alle prese con una diffusa ritrosia dei medici di famiglia a occuparsi anche di effettuare tamponi rapidi covid (prelievo nasale). Sulla scia della proposta o forse provocazione, anche l'Adige si era occupato della questione.

Ma nel caso dei veterinari esiste fondamentalmente un impedimento giuridico insormontabile e difficilmente riformabile.

Lo ricorda, in una nota, anche il presidente della Fnovi (Federazione nazionale Ordini veterinari italiani), Gaetano Penocchio, ha dichirato: «Come medici veterinari sappiamo benissimo fare i tamponi, ma esiste un problema legato alla responsabilità professionale. Siamo abilitati ad agire sugli animali e non sull'uomo. Come sempre vi è piena disponibilità da parte della categoria, ma è evidente che andrebbe preventivamente risolto questo aspetto.».

Tuttavia, continua il presidente, è «impossibile ipotizzare un intervento delle strutture veterinarie private perché, oltre ai problemi sulla sicurezza, impatterebbe sull'attività di cura degli animali, che non può cessare».

Come Fnovi, conclude il presidente «sottolineiamo che già da diversi mesi noi medici veterinari siamo impegnati a supporto delle Regioni per contrastare la pandemia: tanto nella sorveglianza sugli allevamenti quanto nel supporto ai dipartimenti di prevenzione, analizzando centinaia di migliaia di tamponi raddoppiando la capacità diagnostica degli ospedali.

A tutela, come sempre, della salute di tutti».

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