Venezuela, svolta autoritaria E gli Usa minacciano l'azione

Ancora prima che si sia istallata la controversa Assemblea Costituente, eletta domenica scorsa in Venezuela, il governo di Nicolas Maduro ha confermato la sua svolta autoritaria con l’arresto, ieri notte, di due importanti leader dell’opposizione, Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma.

Le immagini della cattura dei due politici - registrate da un cellulare e una telecamera di sorveglianza - mostrano la brutalità dell’operazione: Ledezma è stato trascinato di forza, ancora in pigiama, da uomini mascherati ed armati del Servizio di intelligence (Sebin), e Lopez portato via in short e maglietta nel cuore della notte.

I due sono stati portati al carcere militare di Ramo Verde, alla periferia di Caracas. Il Tribunale Supremo di Giustizia (Tsg) ha poi annunciato la revoca degli arresti domiciliari che erano stati concessi a Lopez e Ledezma, per motivi di salute, sostenendo che hanno violato i termini stabiliti per la loro scarcerazione, giacchè hanno diffuso dichiarazioni politiche su Internet.
Lopez era uscito lo scorso 8 luglio dal carcere, dove scontava una pena di oltre 13 anni di prigione per istigazione alla violenza durante le proteste antigovernative del 2014. Il suo processo è stato denunciato come irregolare dall’Onu e dalle principali organizzazioni di difesa dei diritti umani, che lo hanno dichiarato prigioniero di coscienza.

Ledezma, da parte sua, è stato eletto due volte consecutive sindaco di Caracas, nel 2008 e nel 2013, ma è stato arrestato dal Sebin nel febbraio del 2015, dopo che Maduro lo ha accusato di far parte di una cospirazione golpista. Da allora, non è stato ancora processato per queste accuse, nè sono state mostrate prove dell’esistenza della cospirazione denunciata dal presidente venezuelano.

La reazione internazionale è stata immediata: l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (Unhcr), Zeid Ràad Al Hussein, ha chiesto la liberazione immediata dei due dirigenti, il cui arresto è stato definito «inaccettabile» dal premier Paolo Gentiloni, «ingiustificabile» dal presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani e «un passo nella direzione sbagliata» dalla Commissione Ue.

Il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, ha sottolineato che «Maduro si sta comportando come il dittatore di un regime malvagio», mentre all’Onu il portavoce del segretario generale, Antonio Guterres, ha espresso la sua preoccupazione per il fatto che «un aumento delle tensioni politiche allontanino il paese da un sentiero capace di portare a una soluzione pacifica».
Anche a livello regionale, le reazioni sono state rapide e molto dure. Perfino governi di centrosinistra, finora moderati nell’affrontare la crisi in corso a Caracas, hanno respinto con chiarezza gli arresti di Lopez e Ledezma.

Il ministro degli Esteri cileno, Heraldo Munoz, ha detto che si tratta di un «pessimo segnale» e ha chiesto a Maduro «non più arresti arbitrari, ma una negoziazione reale ed efficace», mentre il suo collega uruguayano, Rodolfo Nin Novoa, ha definito il fatto «un vero disastro», aggiungendo che «anche se il governo ha ottenuto i voti che dice di aver ottenuto (nelle elezioni di domenica) questo non giustifica affatto questo tipo di azioni arbitrarie».

Il governo venezuelano, però, ha ignorato le critiche e prosegue con la preparazione della seduta inaugurale dell’Assemblea Costituente, prevista per giovedì, nella stessa aula dove oggi stanno lavorando i deputati dell’Assemblea Nazionale, controllata dall’opposizione.

Il segretario di Stato Usa Rex Tillerson ha minacciato di rimuovere Nicolas Maduro se il leader venezuelano non deciderà di lasciare di sua spontanea volontà.

«Stiamo valutando tutte le nostre opzioni politiche per creare un cambio di condizioni in cui o Maduro decide che non ha un futuro e vuole andarsene di sua spontanea volontà, oppure noi possiamo riportare i procedimenti governativi alla loro costituzione», ha detto ieri Tillerson durante un incontro stampa dichiarandosi «molto preoccupato» dei recenti sviluppi nel Paese sudamericano.

Le dichiarazioni del segretario di Stato sono riportate in una trascrizione del briefing pubblicata sul sito del dipartimento di Stato Usa e uno dei passaggi è stato twittato da Julian Assange.

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