Paolo Ghezzi: «Io ci sono anche senza il Patt» Oggi il Pd decide. Anche il centrodestra in affanno

di Domenico Sartori

Nel tardo pomeriggio di sabato è atterrato a Dublino, per coltivare una sua passione: la musica popolare irlandese. «È il sesto corso di aggiornamento cui partecipo» dice Paolo Ghezzi . Che è sorpreso e deluso per le dichiarazioni di Muzio, il segretario del Pd. Ghezzi è pronto a candidarsi, a certe condizioni, anche se il Patt si sfilasse dalla coalizione. E a breve posterà su Facebook le sue linee guida per rivitalizzare il centrosinistra autonomista e bloccare la «deriva salvinista».
Ghezzi, ha visto? 767 firme raccolte in due giorni a suo sostegno...
«Ovviamente, fa piacere. Sono tante, trasversali, entusiaste. C'è un movimento del cambiamento: è successo qualcosa in questo centrosinistra addormentato. Con le firme non si vincono le elezioni, non vanno sopravvalutate. Ma sono un piccolo, bel segnale».
Lei, di fatto, sta facendo politica attiva da due settimane. Che sensazione ha, soprattutto riguardo alle ultime dichiarazione del segretario del Pd, Giuliano Muzio?
«Senza polemica, Muzio, che mai ho incontrato di persona, mi ha sorpreso. Dieci giorni fa mi ha cercato dalla Grecia. È stato un colloquio telefonico cordiale, concluso con l'impegno a vederci al suo rientro. Gli ho solo detto che per una settimana, fino a sabato prossimo, sarei stato in Irlanda...».
Sta qui la sorpresa?
«Sì, sorprende che non abbia atteso l'incontro prima di attribuire al movimento del cambiamento, al popolo del centrosinistra che si sta mobilitando, l'etichetta di populista».
Inaccettabile?
«Beh, se è perfettamente legittimo che il segretario del Pd, a cui non sono iscritto, resti fedele alla linea continuista e filo giunta dell'usato sicuro - in questo Muzio è coerente e non mi sorprende - perché squalificare un movimento del cambiamento nato proprio per aiutare il Pd e il centrosinistra ad opporsi alla deriva populista, nazionalista e salvinista? È un clamoroso errore politico, che non interpreta il segno dei tempi. È poco generoso definire populista un movimento che generosamente si batte contro il populismo».
Mettiamo che lunedì sera il Pd le chiuda le porte e confermi il Rossi bis. Che farà?
«Da tre mesi il Pd non decide, dubito lo faccia domani. Per ora, contemplo solo l'ipotesi A: che vinca il sogno di battere il continuismo filogovernativo...».
Se così non sarà?
«Convocherò digitalmente le 767 persone che hanno firmato l'appello, in una kermesse sul prato del Muse. Decideremo assieme. Non si possono disperdere le energie raccolte, sarebbe un tradimento metterle da parte. Cosa poi accadrà, se porteranno acqua ad un Pd che chiude le porte, non lo so. Francamente mi dispiace che Muzio non abbia previsto una mossa unitaria: se non volevamo bene al Pd e al centrosinistra, non facevamo questo casino».
Ugo Rossi l'ha definita una «risorsa per il centrosinistra». Se non sarà candidato presidente, pronto ad altro?
«Non mi interessa fare l'assessore esterno, avere una poltroncina! Non scherziamo! Io sono del tutto casuale. Non hanno capito che c'è un movimento che non si rassegna alla sconfitta. È una impresa disperata. Si sparigliano le carte per avere più chanche e per dare più entusiasmo alla gente».
Come condizione, lei ha posto una soluzione unitaria. Ma se il Patt, che tiene botta su Rossi, si sfila dalla coalizione?
«Premesso che non si capisce perché il Pd rinunci, dopo cinque anni di presidenza Patt, a farsi avanti, osservo: se si recuperano i Verdi, se l'UpT, oltre a dire no a Rossi, fa una scelta chiara, se si recuperano pezzi del mondo moderato di centro, come quello di Dadoss, e di autonomisti, e alla fine il centrosinistra autonomista non è diminuito, io potrei esserci».
Previsioni?
«Credo che il Patt e il Pd faranno prevalere la linea continuista-assessorile. Ma ci proviamo».
Ha in testa un programma?
«Sì, e lunedì le tre idee guida saranno su Facebook. Sono tre parole, meno delle sette di Rossi, ma declinabili: autonomia, innovazione, solidarietà».
Declinabili come?
«Ciascuna in tre concetti. Per l'autonomia: una più forte dimensione regionale e dell'Euregio; un riequilibrio del rapporto città-valli, fondovalle-montagna, per ritrovare (sono profondamente autonomista) il senso di una Heimat-casa comune tra centro e periferia: la riforma istituzionale non è piaciuta... Terzo: incrementare la partecipazione diretta dei cittadini, che non è battaglia solo dei 5 Stelle, e taglio dei privilegi del palazzo».
E l'innovazione?
«Ha tre dimensioni: la conoscenza, con la filiera scuola-università-lavoro; è innovazione giovane, impresa giovane e lavoro giovanile; terzo, ambiente e animali, per una conservazione dinamica, sostenibile e progressiva anche di questioni come l'orso e il lupo». 
La solidarietà è la più scontata?
«Mica tanto! La prima dimensione è l'accoglienza, quella del volto bello e non egoista del Trentino, che sa aiutare i più deboli, come ha sempre fatto. La seconda è la vivibilità, e qui rientra anche la sicurezza. Vuol dire città e paesi a misura di bambino e anziano: se ci vivono bene loro, ci stanno bene tutti...».
E l'ultima dimensione della vivibilità?
«È quella della sostenibile felicità: sport, cultura, musica e libri. Contro le solitudini e la frammentazione, e per affermare i diritti di tutte e di tutti ad essere felici. Mi farà perdere voti al centro, ma sono sono convinto che qui Lucio Dalla sia più lucido di Zygmunt Bauman: "E si farà l'amore ognuno come gli va..."».
Silvano Bert ha scritto che nelle parole a suo sostegno c'è una eccessiva personalizzazione.
«Ha perfettamente ragione. Non è in gioco Paolo Ghezzi, ma un movimento del cambiamento che non ha il volto di Salvini».

IL PUNTO DELLA SITUAZIONE

Confusi. Incartati. Incapaci di trovare una via d'uscita condivisa. Consapevoli, sì, che ogni giorno ulteriore di ritardo equivale, agli occhi di elettori (potenziali) disincantati quanto rassegnati, a farsi fantozzionamente del male. Tuttavia, bloccati. Da veti incrociati. Da partite giocate su più tavoli (da taluni). Da un orizzonte che si stenta a intravedere vada oltre se stessi, singoli o partito (o quel che resta del partito che fu). Ecco; confusione e incertezza sono i tratti di questa «stagione» politica. A tre mesi esatti dall'appuntamento con le urne del 21 ottobre, ancora non si conoscono programmi, perimetri di coalizione (se non per il Movimento 5 Stelle, fedele alla corsa in solitaria), nomi e, soprattutto, candidati presidente.
Centrosinistra autonomista diviso.
L'aspettativa, nel centrosinistra autonomista, è che il Pd abbia finito le ferie ed eserciti una volta per tutte il ruolo di primo partito della coalizione. Lunedì, prima nel coordinamento, poi nell'assemblea, che è sovrana, il Pd dovrà decidere se «chiudere» definitivamente sull' Ugo Rossi bis, come ha lasciato intendere il segretario Giuliano Muzio prima di partire per le ferie in Grecia e, in modo più sfumato, al ritorno: una posizione che incarna le aspettative di una parte della nomenclatura del partito (gli assessori Olivi, Zeni , il presidente di A22 Olivieri , il presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti , la consigliera Lucia Maestri ). Oppure aprire alla candidatura di Paolo Ghezzi : lo chiede un pezzo di partito, lo chiedono un insieme di forze «minori» (Verdi, Mdp, Leu) e movimenti, lo invocano centinaia di cittadini. È chiaro che 767 firme raccolte in due giorni per «Paolo Ghezzi presidente» non possono essere cestinate come nulla fosse.
Nei giorni successivi, l'Upt convocherà, considerando l'esito dell'assemblea del Pd, il suo parlamentino. Ma anche qui non ci sono certezze, se non due punti fermi: di Rossi bis non si vuol parlare, e nemmeno dei cosiddetti «Civici». Valduga & C. sono un discorso chiuso, tanto più dopo che il loro portavoce, il sindaco di Tione Mattia Gottardi , ha ripetuto che con il centrosinistra autonomista non vogliono avere a che fare. Qui, in quel che resta dell'Upt dellaiana che ha avviato la sua fase costituente, il rapporto che si va consolidando è quello con l'assessore Carlo Daldoss . Il gruppo consiliare compatto, eccetto Tiziano Mellarini (pro Rossi bis), è convinto che, alla fine, l'ex sindaco di Vermiglio, sia il «punto di caduta»: il nome giusto, meno divisivo, con la sua rete di rapporti costruiti da assessore agli enti locali e all'urbanistica, dopo avere sbattuto contro il muro delle candidature di Rossi e Ghezzi, il quale invece convince l'ex senatore Fravezzi e altri dell'Upt. Il Patt è apparentemente il più compatto, dopo il «rientro» del critico sindaco di Aldeno Nicola Fioretti . Ma la compattezza dipende, per ora, dalla incapacità di Pd e Upt di fare fronte comune.
Il centrodestra in affanno.
Anche il centrodestra è in frantumi. Il nome forte per la candidatura a presidente dovrebbe essere quello del deputato e sottosegretario leghista, Maurizio Fugatti . Ma Progetto Trentino tiene botta su Marino Simoni e Forza Italia, con la «benedizione» di Silvio Berlusconi, insiste sulla candidatura della deputata ladina Elena Testor . Su Testor, Forza Italia è però spaccata al suo interno. E l'altra sua deputata, Donatella Conzatti , partecipa e organizza pranzi e cene con il sindaco Francesco Valduga e altri «Civici» per per costruire una coalizione alternava al centrodestra.
I «Civici»: un fantasma.
Che peso specifico, per altro, abbiano i «Civici», il gruppo di Valduga, Roberto Oss Emer e Mattia Gottardi , nessuno sa. Né si sa se riusciranno a costruire, come auspicano, un raggruppamento che riesca a mettere insieme «Tre» (la lista dell'ex presidente di Assoartigiani, Roberto De Laurentis ), la Civica Trentina di Rodolfo Borga e l'annunciata civica (sulla cui esistenza si nutrono dubbi) del «rivoluzionario felice» Geremia Gios , che in queste settimane è rimbalzato, da una riunione all'altra, tra il «polo dei Civici» e quello di centrodestra a trazione leghista.
5 Stelle in solitaria.
Nel Movimento 5 Stelle, dopo tanto penare, dal centro sono arrivate le «linee guida» per la scelta dei candidati attraverso la consultazione online sulla piattaforma Rousseau. Le candidature vanno presentate entro le 12 di martedì 24 luglio. Lo scontro è sulla candidatura a presidente, tra il consigliere uscente Filippo Degasperi e, se scioglierà le riverse, Cristiano Zanella , che a differenza di Degasperi non è in rotta di collisione con il ministro Riccardo Fraccaro . Chi perde la sfida per la presidenza sarà escluso dalla lista dei candidati consigliere.

 

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