Legge elettorale: la Consulta dice no al referendum che era sostenuto dalla Lega

Non si terrà il referendum sulla legge elettorale sostenuto dalla Lega per abrogare le norme sulla distribuzione proporzionale dei seggi e trasformare il sistema in un maggioritario puro. La Corte costituzionale lo ha dichiarato inammissibile perché «eccessivamente manipolativo».

Il quesito referendario era stato proposto da otto consigli regionali (di Veneto, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Abruzzo, Basilicata e Liguria), tutti guidati dal centro-destra.

«È una vergogna, - ha commentato il leader della Lega, Matteo Salvini, - è il vecchio sistema che si difende: Pd e 5stelle sono e restano attaccati alle poltrone. Ci dispiace che non si lasci decidere il popolo: così è il ritorno alla preistoria della peggiore politica italica».

Questo il comunicato della Corte costituzionale che ha giudicato inammissibile il referendum sulla legge elettorale sostenuto dalla Lega per abrogare le norme sulla distribuzione proporzionale dei seggi e trasformare il sistema in un maggioritario puro.

«La Corte costituzionale - si legge nella nota dell’Ufficio stampa - si è riunita oggi in camera di consiglio per discutere la richiesta di ammissibilità del referendum elettorale ‘Abolizione del metodo proporzionale nell’attribuzione dei seggi in collegi plurinominali nel sistema elettorale della Camera dei deputati e del Senato della Repubblicà, presentata da otto Consigli regionali (Veneto, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Liguria). Oggetto della richiesta referendaria erano, in primo luogo, le due leggi elettorali del Senato e della Camera con l’obiettivo di eliminare la quota proporzionale, trasformando così il sistema elettorale interamente in un maggioritario a collegi uninominali. Per garantire l’autoapplicatività della “normativa di risulta” - richiesta dalla costante giurisprudenza costituzionale come condizione di ammissibilità dei referendum in materia elettorale - il quesito investiva anche la delega conferita al Governo con la legge n. 51/2019 per la ridefinizione dei collegi in attuazione della riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari».

In attesa del deposito della sentenza entro il 10 febbraio, l’Ufficio stampa della Corte costituzionale fa sapere che «a conclusione della discussione la richiesta è stata dichiarata inammissibile per l’assorbente ragione dell’eccessiva manipolatività del quesito referendario nella parte che riguarda la delega al Governo, ovvero proprio nella parte che, secondo le intenzioni dei promotori, avrebbe consentito l’autoapplicatività della normativa di risulta».

Preliminarmente, «la Corte ha esaminato, sempre in camera di consiglio, il conflitto fra poteri proposto da cinque degli stessi Consigli regionali promotori e lo ha giudicato inammissibile perché, fra l’altro, la norma oggetto del conflitto avrebbe potuto essere contestata in via incidentale, come in effetti avvenuto nel giudizio di ammissibilità del referendum».

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