E' scesa in piazza la rabbia dei provinciali Oggi la protesta contro i nuovi orari e l'alternanza del lavoro da casa e in presenza

di Daniele Benfanti

Caos, disastro, delirio. Inutile, assurdo, demagogico.
Sostantivi e aggettivi sono frutto del feedback (del riscontro, insomma) dato da molti dipendenti provinciali ai sindacati dopo i primi due giorni di ritorno in ufficio con la modalità del doppio turno. 50% dei lavoratori alla scrivania tra le 7.30 e le 12.45. L’altra metà tra le 13.30 e le 18.15/19.30.

Con qualche venerdì pomeriggio e sabato mattina in ufficio. E il completamento d’orario in smart-working, negli stessi giorni della parte svolta in ufficio, per un totale di undici ore.
«Il report arrivato dai lavoratori provinciali in questi due giorni - esordisce Luigi Diaspro, della Fp Cgil - è in massima parte negativo. Il doppio turno non convince. Beninteso: i lavoratori vogliono tornare in sede, se la Provincia lo giudica necessario. Ma non così. È una scelta sbagliata e illegittima, continuiamo a sostenerlo. Non si è guardato alla qualità, ma alla quantità. Viviamo purtroppo una stagione in cui i dipendenti pubblici sono sotto la gogna mediatica. Considerati fannulloni e privilegiati. Costretti a stare zitti perché c’è chi sta perdendo il lavoro? I nuovi orari e i due turni imposti dalla Provincia vanno contro le norme contrattuali e sindacali. I nostri uffici legali stanno preparando i ricorsi».
Il sentiment dei lavoratori è stato raccolto anche stamattina a partire dalle 11 in un’assemblea in sala della Cooperazione (posto per 150 persone) mentre gli altri lavoratori hanno presidiato piazza Dante.

«L’orario di lavoro è basilare per il benessere e la conciliazione dei tempi dei lavoratori - prosegue Diaspro - e qua si tende a mettere gli uni contro gli altri. Lavoratori del privato contro quelli del pubblico.

Nessuno vuole boicottare, poi, i commercianti che beneficiano del sistema dei buoni mensa utilizzati dai lavoratori. Non si può andare avanti a sportellate, manca il confronto». Beppe Pallanch, segretario della Cisl Funzione Pubblica è sulla stessa lunghezza d’onda: «I lavoratori ci raccontano di situazioni caotiche. L’arrabbiatura è generalizzata, perché il doppio turno non serviva.
Era meglio scegliere giornate in ufficio alternate da giornate di telelavoro. La superficialità ha sostituito la concertazione. È una scelta fatta per riempire la pancia di chi continua a dipingere i dipendenti pubblici come fannulloni. Non si può prendere a calci il contratto e pensare che i lavoratori siano stati assunti per consumare buoni pasto? Piuttosto, è grave che non ci siano arrivate informative sul contagio registrato al Dipartimento trasporti e nessuna linea guida».

Marcella Tomasi, della Uil Fp, ha parlato con diversi dipendenti provinciali dopo l’avvio del nuovo orario: «Continuano ad arrivarmi segnalazioni. Mi dicono che alcuni dirigenti non applicano i nuovi doppi turni, altri sì. C’è chi deve correre a casa, magari in cima alla Val di Sole, per continuare con lo smart-working lo stesso giorno. Negli uffici c’è chi va e chi viene e non riescono a coordinarsi. Con lo smart-working tutti i servizi erano stati garantiti. Ora si rischia un rallentamento».

«Il lavoro a distanza è il futuro. Dovremmo lavorare bene su quello. Invece - è una mia riflessione personale - è dura a morire la mentalità del controllo sul dipendente, e non del merito e degli obiettivi raggiunti» è il giudizio di Maurizio Valentinotti della Fenalt.

«Per non dire dei problemi di gestione dei figli che stanno vivendo le famiglie di chi ora deve uscire di casa alle 6 del mattino o vi fa rientro dopo le 19. Forse per un 5% dei lavoratori sarà anche comodo? Siamo in periodo di ferie dei lavoratori: questa imposizione dall’alto non occorreva, si garantiva il distanziamento comunque. Ci segnalano problemi anche per consumare il pasto: si assembrano tra le 13 e le 13.30 in bar e ristoranti vicini agli uffici tanto i lavoratori che escono che quelli che stanno per entrare».

 

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