Nuove tecnologie: tante sono inutili e dannose

La tecnologia come causa di disuguaglianze sociali. Internet come strumento che azzera le relazioni e impoverisce la capacità animale ormai residua nell'uomo di saper riconoscere i propri simili usando mezzi primordiali come l'odore. Questi alcuni dei pensieri emersi oggi a EDUCA, nell'incontro moderato da Alberto Faustini, direttore del quotidiano Trentino, con Mario Tozzi, geologo e noto conduttore di trasmissioni televisive di divulgazione scientifica.


Tozzi è partito dal suo ultimo libro Tecnobarocco, testo in cui mette a nudo il mito della tecnologia. “Tozzi fa un elogio ragionato del Medioevo e una critica seria al barocco tanto bello quanto inutile”, ha sottolineato Faustini riportando alcuni dei paradossi evidenziati nelle pagine del libro, tra i quali il wc super tecnologico giapponese, con telecomando, acque colorate e profumate a far da sciacquone che però non funziona se manca la l'elettricità. “Un monumento alla tecnologia barocca che va a migliorare qualcosa di cui non si ha alcuna necessità”, ha commentato Tozzi che  ha posto il quesito in tutta la sua evidenza: "che senso ha rendere oggi tecnologici aspetti o funzioni della nostra vita che non necessitano di tecnologia? Ne abbiamo davvero bisogno o non c'è piuttosto una ridondanza inutile, fine a se stessa? Senza contare poi - ha affermato Tozzi -  che questa tecnologia in realtà crea disuguaglianza, perchè ce l'ha solo chi può permettersela".

Tozzi ha ricordato esempi concreti di cose che l'uomo, in fondo, ha fatto molto bene anche senza tecnologia. Così il moplen che valse il Nobel per la chimica, indistruttibile fino a quando l'industria non scopri che non conveniva avere prodotti che riducevano i consumi e fece entrare in campo l'obsolescenza programmata rendendo la plastica meno. E così le calza di nylon si smagliano e le lampadine al tungsteno si indeboliscono dopo 1000 ore”.

Stimolato dalle domande di Faustini, Tozzi ha spiegato che molta della tecnologia è suscettibile alle mode. “Compriamo il cellulare di ultima generazione, quando ai fini della comunicazione ci bastava la prima versione. La tecnologia nuova non serve a nulla se non a condurci alla prossima invenzione del mercato”, ha affermato Tozzi esprimendo un severo giudizio anche su Steve Jobs: “ci ha insegnato ad essere curiosi e affamati di conoscenza ma solo perchè lui poteva farci i soldi”.

Si è poi soffermato sulle eccessive aspettative che si ripongono sulla tecnologia e ha citato al riguardo la disastrosa fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico e l'incapacità di fermarla fino a quando non è arrivato qualcuno con l'idea geniale: un tappo per un buco! Ed ancora  il caso della Costa Concordia: "un gioiello tecnologico che va sciaguratamente a incagliarsi e poi ci vogliono miliardi di euro e due anni di lavoro di migliaia di tecnici per capire che l'unico principio utile al caso è quello dei pesi e contrappesi di Archimede. Alla fine abbiamo portato via la nave con corde e catene. Che ce ne facciamo allora di tanta innovazione tecnologica se poi è quella di base a consentirci di riparare ai danni che la stessa innovazione ha prodotto?”.

Tanti altri i paradossi ricordati da Tozzi, come la carta vergine per l'igiene personale che concorre all'abbattimento delle foreste. Incalzato da Faustini, il geologo ha provato a rispondere anche alla domanda se la tecnologia, rispetto alla conoscenza, ci abbia reso davvero più liberi? "Internet semmai ci ha resi più stupidi, esposti a copia-incolla dove si resta in superficie compiendo funzioni manuali che escludono la mente, anche se l'individuo è convinto di aver compiuto una operazione culturale. In realtà il miglior modo per tramandare memoria per gli uomini è sempre stata la memoria orale: gli uomini si raccontano”. Ha sottolineato poi la stupidità della fretta, del no-limits; e ancora  la mancanza di quella noia creativa che viene dall'incapacità a saper aspettare. “Oggi i bambini giocano alla playstation con qualcuno che magari sta molto lontano: una volta si giocava aspettando il proprio turno a flipper o a calcetto, si pagava e c'era il senso del limite”.

Tozzi ha raccontato poi del video operatore che lo ha condotto spesso sulle pendici dell'Etna per filmare le eruzioni. “Quando erano spettacolari, spegneva e diceva: questa è soltanto per noi. Questo per me è avere anima”. Ha ricordato infine che ogni ambizione tecnologica arriva sempre a spese dell'ambiente: “se anche tutta Roma fosse invasa da auto elettriche non è che ci sarebbe meno traffico. E poi finiamola con la retorica delle smart-cities che non sono quelle dove si trova prima un parcheggio grazie ad una App. La vera città intelligente è quella che sa essere in equilibrio con l'ambiente". E come esempio ha ricordato Matera dove gli uomini scavarono caverne e case in superficie per restare più freschi e avere più acqua  e le strade non servivano per andare veloci ma per incontrarsi prima. Interpellato sulla App-mania  Tozzi ha affermato: "ne penso tutto il male possibile. Le nostre soluzioni non possono essere delegate ad un dispositivo tecnologico. La tecnologia di base sono le ruote, l'acqua pulita, un'auto dove non hai bisogno del Gps perchè abbassi il finestrino, chiedi informazioni e fai anche relazione”.

Un passaggio doveroso anche sui social network. Tozzi ha rivelato di non essere su Facebook (dove l'80% delle foto scambiate riguarda piatti cucinati) e di aver ceduto ad un gruppo WhatsApp solo durante un viaggio scoprendo così che serviva solo a scambiarsi inutilità. Internet non ci aiuta affatto a rendere la vita migliore: “prendete la differenza fra una lettera d'amore e una mail all'innamorata. La differenza sta nel tempo che ti prendi per esprimere il tuo amore”.

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