«Così il mostro del gioco mi ha divorato» In 25 anni ha perso mezzo milione di euro

di Paolo Liserre

Viaggio all’inferno. Ma non di sola andata. Perché dall’inferno della dipendenza da «gioco», quella malattia accertata che ormai tutti conoscono col nome scientifico di «ludopatia», si può uscire e rinascere. E raccontando la propria storia, anche aiutare gli altri a liberarsi di questo «mostro» che sta ingoiando decine se non centinaia di migliaia di persone in tutta Italia, Trentino non esente.

Il gioco ti resta dentro, il mostro è sempre in agguato

Luca (il nome è di fantasia per tutelare la privacy del diretto interessato) ha 45 anni, è nato e vive sul Garda trentino, ora ha un lavoro e ha vinto la battaglia più importante contro la ludopatia.

«Perché la guerra non la vinci mai veramente - racconta lui stesso - Il gioco ti resta dentro, il mostro è sempre in agguato ma oggi riesco a far sì che non prenda mai il sopravvento e sono riuscito a ricostruire una vita normale».

Luca ha iniziato a giocare al primo anno di università, a Trento, oltre vent’anni or sono: «C’era la prima sala scommesse del Trentino, si poteva tentare la fortuna su tutto. Ricordo che c’erano quotazioni altissime su un grande campione austriaco di slalom, Thomas Stangassiger (grande avversario di Alberto Tomba, ndr.): fino a quel momento aveva vinto quasi sempre e ho iniziato a giocare la rata dell’affitto di casa. Da quel momento ha perso sette gare di fila e io tutti i miei soldi di allora. Poi ha ricominciato a vincere ma io a quel punto non avevo più quattrini».

In 25 anni avrò perso mezzo milione di euro

Ma cosa porta uno come te a tentare la fortuna in questo modo e cosa innesca il circolo vizioso?

«Inizialmente ho vinto, piccole somme per carità, ma ho vinto. Ed è come gettare benzina sul fuoco, come regalare ad un piromane una scatola di accendini e dirgli che ne può fare quello che vuole. È la fine, per tutti. Ci si convince che è un modo per far soldi facilmente e che se ti va male la prossima sarà diverso. Ma così si entra in una spirale devastante, in quello che definisco il “circolo vizioso del recupero”».

Sei riuscito a quantificare quello che hai perso in tutti questi anni?

«Avevo un lavoro redditizio, soldi in mano non me ne mancavano. E non esagerò se dico che in 25 anni avrò perso mezzo milione di euro».

Non hai mai pensato di dire basta?

«Il ludopatico non si ferma finché non tocca il fondo. Io quel fondo l’ho toccato e scavato per anni. Nella mia posizione professionale ero credibile e potevo recuperare migliaia di euro che poi inevitabilmente giocavo. E perdevo».

E poi...

«Ho pensato anche di farla finita, attanagliato dai sensi di colpa verso la famiglia e gli amici che cercavano di aiutarmi. Poi per fortuna sono riuscito a venirne fuori. Mi sono staccato da tutto e da tutti, mi sono messo a “nudo” e ho provato a ripartire».

Come? A chi devi dire «grazie»?

«Prima di tutto alla mia famiglia e poi sicuramente all’associazione Ama di Trento (dove ho constatato quanto questa problematica sia diffusa anche in Trentino) e al Sert. E poi ovviamente devo dire grazie agli amici che non mi hanno mai abbandonato».

Ora sei «pulito»?

«Ero un uomo finito, per colpa mia e del gioco. Avevo perso tutto. Da quattro anni sto provando a raddrizzare la mia vita, a volte ho ancora paura ma riesco a dominarla».

Tra slot, videlottery, concorsi e gioco legalizzato, lo Stato ci fai dei bei soldi...

«È una follia. Legalizzata. Qui non parliamo del Casinò dove bisogna andarci appositamente ma di macchinette alla portata di tutti, del ragazzino appena maggiorenne come della pensionata che vive con la minima. È un sistema che colpisce tutte le fasce sociali in modo indiscriminato. Pensate ad un ragazzino di 18 anni: ci prova giocando 2 euro, ne vince 50, ci riprova e continua. È la sua rovina. Slot e videolottery sono strumenti da proibire totalmente».

In base alla tua esperienza quando suona il «campanello d’allarme» che deve preoccupare chi sta vicino ad un giocatore?

«Quando le richieste di soldi diventano eccessive e troppo frequenti c’è qualcosa che non va. La ludopatia è un mostro ma un mostro che si può sconfiggere».

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