Tadao Ando: nonostante il Covid, il valore dell'architettura è essenziale per l'Uomo

“Per quanto drastici possano essere i mutamenti in atto, resta il fatto che gli esseri umani fanno parte della natura. Siamo creature fragili che amano il contatto con gli altri e vivono poggiandosi sui propri ricordi.
Quindi anche il valore essenziale dell’architettura – creare un habitat per lo spirito umano, mantenere vivi i ricordi e la storia, promuovere la cultura attraverso il paesaggio urbano – deve rimanere immutato”, dice il grande architetto giapponese Tado Ando, nuovo guest editor che curerà e firmerà dieci numeri della rivista Domus nel 2021 ricevendo il testimone da David Chipperfield, che prima di lui lo aveva ricevuto da Winy Maas a sua volta succeduto a Michele De Lucchi.
Tra i più noti esponenti dell’architettura mondiale, Tadao Ando (Osaka, classe 1941) si distingue per la sua innata capacità di evocare il mondo interiore, elemento tipicamente giapponese, facendolo dialogare con le tecnologie occidentali (come il cemento armato a vista e le grandi pareti in vetro) e una costante, forte, componente geometrica. La sua non è tanto una ricerca di soluzioni abitative ma una forma mentale, uno stato dello spirito che dipende largamente dall’intuizione della persona. Le sue architetture riportano al nostro “io”, all’eterno “qui e ora” che rappresenta la realtà. Il suo codice è essenziale, un inno alla bellezza interiore e all’eternità.
Un concetto, quello dell’eternità, che è al centro del manifesto d’intenti da lui realizzato per Domus 2021: “Ogni cosa è destinata a sfiorire e sbriciolarsi. La storia dell’architettura è una traiettoria fatta di sfide che affrontano questa verità. Vorrei fare dell’Eternità, un’idea che l’uomo insegue da tempo immemorabile, il tema di Domus 2021. Con eternità qui non si intende la persistenza o la perpetuazione della materia o della forma fisica. È piuttosto l’Eternità legata all’intangibile, alle emozioni e ai ricordi che vivono nel cuore e nella mente di noi tutti. La natura universale dell’eternità non è innata, ma dipende dall’umanità”.
Il fattore umano, il valore delle emozioni e dei ricordi, la responsabilità dell’individuo rispetto alle trasformazioni e il suo essere parte integrante della natura, è un tassello importante nella costruzione del pensiero del nuovo Guest Editor che, sempre nel manifesto, spiega la complessità del mondo contemporaneo ribadendo la forza e il potere che il design e l’architettura detengono: “Idee collettive di eternità germogliano per rispondere all’atmosfera di ogni epoca e fioriscono di continuo grazie al nutrimento culturale prodotto dalle comunità che si vanno via via formando. Questi pensieri vengono custoditi per sempre nei nostri cuori e nelle nostre anime. In altre parole, l’eternità è il prodotto dell’evolversi dello spirito del tempo. Oggi è estremamente difficile comprendere cosa tiene insieme la nostra società. Negli ultimi dieci anni, ci sono stati cambiamenti molto rapidi. I molteplici e consistenti progressi nella tecnologia dell’informazione hanno inghiottito l’intera società umana nel nome della globalizzazione, con sistemi di network che entrano in ogni aspetto della nostra vita quotidiana. La pandemia di Covid-19, che ci ha costretto a introdurre il “distanziamento sociale” come contromisura all’infezione da virus, ha accelerato queste evoluzioni. Siamo all’interno di una curva di sviluppo ascendente di cambiamenti significativi, come avvenne per le rivoluzioni industriali dei secoli passati. Queste evoluzioni con tutta probabilità si intensificheranno per andare a creare un nuovo mondo che non possiamo nemmeno iniziare a immaginare. Anche l’architettura e la progettazione subiranno probabilmente una massiccia trasformazione, dalle strutture industriali ai sistemi produttivi fino ai metodi espressivi. I segni di questi cambiamenti sono già evidenti. Tuttavia, per quanto drastici possano essere questi mutamenti, resta il fatto che gli esseri umani fanno parte della natura. Siamo creature fragili, fatte di carne e ossa, che amano il contatto con gli altri e vivono poggiandosi sui propri ricordi. Quindi, anche il valore essenziale dell’architettura – creare un habitat per lo spirito umano, mantenere vivi i ricordi e la storia, promuovere la cultura attraverso il paesaggio urbano – deve rimanere immutato. Proprio perché il futuro è oggi così incerto, dobbiamo guardare alle radici della stessa creazione, alle sue origini eterne”.
Cresciuto nel Giappone della ricostruzione postbellica, prima di avvicinarsi all’architettura da autodidatta, Ando conduce una vita varia e poetica di cui uno dei poli è l’agonismo della boxe. Ed è proprio il parallellismo tra la disciplina dello sport e la disciplina dell’arte architettonica, oltre che l’importanza di una condotta rigorosa ed efficiente, uno degli spunti offerti dal Guest Editor nel corso dell’intervista esclusiva, pubblicata nella monografia di Domus a lui dedicata. “In un incontro di boxe, i momenti di tensione in attesa che la campanella suoni sono eccitanti, ma anche snervanti. I nuovi progetti architettonici richiedono la stessa mentalità. Nella boxe, per sfruttare appieno le tue capacità e vincere l’incontro devi rischiare e affrontare il pericolo. Creare qualcosa in architettura – non solo costruire qualcosa, ma creare qualcosa – richiede a sua volta il coraggio di correre dei rischi. Fare un passo in più verso l’ignoto è di vitale importanza. Quando fai il pugile ti prepari per anni per un incontro che può durare anche solo pochi minuti. È una lotta, elementare e primitiva. L’architettura, invece, è una partita molto lunga, molto più lunga di un round di tre minuti, ma la tensione va mantenuta proprio come nel pugilato” spiega l’architetto soffermandosi sulla categoria degli architetti. “A volte gli architetti si sentono appagati per la fama raggiunta e perdono la disciplina, perché hanno dimenticato gli stimoli di inizio carriera, quando puoi fare affidamento unicamente su te stesso. La boxe è uno sport solitario, di puro stoicismo, in cui mentre spingi il corpo e la mente verso il loro limite assoluto si genera potenza. Lo stesso vale per l’architettura. Ogni progetto ha un programma e un budget rigorosi e potrebbe esserci poca libertà in termini di progettazione. Bisogna pensare a ciò che è veramente necessario e a ciò che deve essere costruito”.
Come sempre, a coordinare l’opera del nuovo guest editor sarà Walter Mariotti, direttore editoriale dell’intero sistema Domus e responsabile della continuità del progetto 10x10x10. Il primo numero di Domus 2021 firmato Tadao Ando uscirà a inizio gennaio. La monografia a lui dedicata esce allegata a Domus dicembre.

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