Il virus visto dall'Adamello «Da quassù pare così lontano»

di Giorgio Lacchin

«Un’alba e un tramonto così, ve li sognate».

Lo credo.

«È il nostro quarantunesimo anno al Mandrone...».

Ammàppete!

«...eppure scopriamo sempre qualcosa di diverso. La luce del sole sulle cime: uno spettacolo».

E l’ombra del virus, Carlo?

«Ci sembra lontana».

Qui, a valle, copre tutto.

«Non si sa cosa dire».

Carlo Gallazzini ha 74 anni e la voce di un uomo di montagna: senza picchi e senza strappi. La parlata ha una cadenza regolare, come il passo e il respiro. Carlo è al rifugio Mandrone, sull’Adamello: lo ha gestito fino a tre anni fa, e da tre anni lo gestisce suo figlio Davide. Ma c’è Carlo, lassù, ora, di vedetta.

Il virus è un’ombra che toglie il respiro.

«Speriamo si risolva in fretta ma temo ne risentiremo anche in estate.  Dal punto di vista turistico, intendo».

Temo abbia ragione.

«Ripeto: spero di sbagliare ma la vedo un po’ triste».

Carlo, cosa ci fa lassù?

«Siamo arrivati il 28 febbraio perché avevamo una sessantina di prenotazioni poi è successo quel che è successo e non è venuto più nessuno».

Chi c’è con lei?

«Mia moglie Flavia».

E basta?

«E basta».

È un’altra luna di miele, praticamente.

«Ci vorrebbe qualche anno in meno».

Però avete i tramonti e le albe.

«Vero».

Visto che non verrà nessuno, scenderete presto.

«Ormai siamo qui».

Non scendete?

«Rimarremo fino a quando si sblocca la situazione del virus».

Ma durerà un sacco.

«Se va avanti così, tutto aprile».

Magari di più.

«Appunto. E cosa potremmo fare a Villa Rendena tutto ‘sto tempo: stare chiusi in casa?, come i nostri figli? Meglio qui. Almeno siamo più tranquilli, possiamo fare qualche passeggiata perché non c’è nessun altro, e dunque nessuno che ci controlli. Teniamo caldo il rifugio e stiamo attenti che l’acqua nelle tubature non geli».

Non fa freddo?

«Neanche tanto. La mattina siamo sui 4 o 5 gradi ma nelle ore centrali, se non c’è vento e c’è il sole, fa caldo. L’altro giorno il termometro in terrazza segnava 36 gradi».

Perché era cotto dal sole!

«Comunque pranziamo in terrazza».

Magari in maniche corte.

«Certo».

A 2.500 metri d’altezza.

«Esatto».

E poi cosa fate?

«Stamattina (ieri, ndr) abbiamo messo gli sci e siamo scesi fino ai laghetti».

Gli sci da sci alpinismo.

«Ovvio».

Sua moglie quanti anni ha: posso chiederlo?

«Settanta. Ma siamo giovani di spirito».

Fantastico.

«Per arrivare ai laghetti ci vuole un’oretta».

Quanta neve c’è?

«Quasi due metri. In alcuni punti di più. Ed è una neve stupenda: senza il Coronavirus sarebbe stato un anno fantastico. Uno degli anni belli. Avremmo tenuto aperto il Mandrone a marzo e aprile per gli scialpinisti, come al solito, e sarebbero venuti in tanti».

Quella sessantina di prenotazioni erano scialpinisti?

«Eh già. E ce n’erano moltissime anche per la primavera: francesi, tedeschi...».

Tutte cancellate?

«Tutte. Hanno cominciato a disdire il 28 febbraio e non è più finita».

Albe, tramonti, pranzi in terrazza, sciate. Ma anche tanti sacrifici.

«Quando una cosa la fai volentieri, i sacrifici scompaiono».

Da quanto, Carlo?

«Prima, 3 anni al rifugio Carè Alto, poi 41 al Mandrone».

Una vita.

«Sempre qui, sull’Adamello, e sempre a 2.500 metri, più o meno. Con un panorama stupendo».

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