Coronavirus, nel lockdown raddoppiati i decessi per infarto

Durante l'emergenza Covid è raddoppiata la mortalità per l'infarto più grave - il cosiddetto Stemi (Infarto miocardico con 'elevazione del segmento ST') - per sopravvivere al quale la tempestività dei soccorsi è cruciale. Ridotti i ricoveri e il tempo medio della degenza per infarto nei mesi della pandemia. È quanto emerge da una vasta analisi condotta in Usa a partire da febbraio e pubblicata sulla rivista Jama Cardiology. L'indagine si basa sui dati di oltre 15 mila infarti ed è stata condotta da medici del Providence Heart Institute.

Sin da febbraio si è assistito ad un crollo dei ricoveri per infarto, segno che la paura del coronavirus ha bloccato molte persone che, pur manifestando i sintomi chiari di un arresto cardiaco, hanno evitato di recarsi in ospedale. Inoltre i ricoveri per infarto sono durati in media meno giorni e i pazienti dimessi sono stati inviati a casa piuttosto che in centri di riabilitazione ad hoc come avviene di solito. Inoltre per l'infarto più grave la mortalità è raddoppiata anche se non vi è stato alcun cambiamento nell'assistenza fornita ai pazienti; l'impennata dei decessi si spiega con un ritardo nel cercare soccorso (nell'infarto Stemi la tempestività dei soccorsi è cruciale) o con l'intasamento dei pronto soccorsi a causa dell'emergenza covid.

Secondo gli esperti lo studio è in linea con precedenti lavori che suggerivano in via preliminare un calo del 25% dei ricoveri per infarto. Oltre alla paura che ha reso i pazienti riluttanti a cercare soccorso, concludono i cardiologi, non è da escludersi anche un reale calo dei casi di arresto cardiaco legato a una riduzione dell'inquinamento durante il lockdown essendo lo smog un fattore di rischio importante per eventi cardiovascolari come infarto e ictus.

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