«Il covid ti fa stare malissimo» Parla una trentina di 53 anni appena dimessa dall'ospedale

di Matteo Lunelli

«Voglio far capire cosa succede negli ospedali. E dire che i nostri anziani non dobbiamo abbandonarli e dimenticarli, dobbiamo salvaguardali. Il virus esiste eccome, ti fa stare malissimo e ti fa avere paura. E la situazione che si vive in corsia ti fa anche piangere. Ho vissuto un incubo lungo tre giorni che non augurerei nemmeno al mio peggior nemico. A me è andata bene, sono stata dimessa, ma ho capito che dobbiamo stare attenti, anche per rispetto di tutte le persone morte in primavera, che in un certo senso sono state delle cavie perché adesso sanno come curarci».

La testimonianza arriva da una donna di Trento, di 53 anni, che mercoledì sera è stata dimessa dall'ospedale di Rovereto. «Dove lavorano persone gentili e altruiste, che però sono già al limite. Sono oberate di lavoro, corrono ovunque, fanno turni massacranti. Ne ho vista una che piangeva, mi ha detto "non ce la faccio più". Sono tutti bravi, dolci e affettuosi, ma anche la loro situazione non è facile».

Quando la sentiamo al telefono subito si scusa per la voce, per il fatto che parlerà lentamente e dovrà prendere fiato di tanto in tanto. «Dentro quelle corsie è una battaglia, ora dopo ora arrivano persone, è stato un incubo. Nella giornata di mercoledì continuavano ad essere ricoverate persone».

La sua esperienza con il Covid è stata velocissima: domenica sera i primi brividi, lunedì mattina la febbre che sale e i problemi a respirare, lunedì pomeriggio l'arrivo al Pronto soccorso a Trento, in ambulanza e lunedì sera il ricovero a Rovereto. «In Ps sono anche svenuta, poi mi hanno attaccato l'ossigeno. L'infermiere mi ha detto "Con questi parametri dobbiamo ricoverarla". E io che speravo in una rapida visita e poi a casa... A Rovereto ero in una stanza da due senza bagno, che dopo qualche ora è diventata da quattro perché i posti scarseggiavano. Fortunatamente i medicinali mi hanno fatto subito effetto e sono migliorata molto. Un po' perché stavo meglio, un po' perché volevo stare in quel posto il meno possibile e un po' perché i posti scarseggiavano, mercoledì sera mi hanno dimessa e sono a casa. I medici mi chiamano e mi assistono, prendo le medicine e miglioro».

Ci descrive alcuni particolari, che vi risparmiamo, soprattutto su come si gestiscono le persone in una stanza senza bagno. Ci torna alla mente una testimonianza che avevamo raccolto la scorsa primavera (l'Adige del 12 aprile 2020), sempre di una persona positiva, ricoverata a Rovereto e poi dimessa. E capiamo che la struttura non è stata adeguata per garantire standard di assistenza di qualità: insomma, infermieri e oss che si danno da fare sono gli stessi della scorsa primavera (sempre sotto organico, ancora di più rispetto a marzo visto che i "rinforzi" mandati da Roma adesso non ci sono più), ma purtroppo anche la situazione in cui devono agire è rimasta identica. Peccato: a distanza di 6 mesi le questioni strutturali e logistiche avrebbero potuto essere affrontate e migliorate. P

roseguiamo con la signora. Dopo averci raccontato, sottolinea che non vuole né fare allarmismo né accusare qualcuno. Però ci tiene a far sapere come vanno le cose. «Conosco tante persone che dicono "il virus non esiste, è tutta un'esagerazione". Ecco è a loro che mi rivolgo perché sappiano e capiscano. Credo che il Covid non vada affrontato con panico, ma bisogna restare lucidi, sfruttare delle strategie ed essere onesti con se stessi e con gli altri, ovvero rispettare le regole, usare le mascherine e stare a distanza. Il virus può essere sconfitto: è possibile non prenderlo tenendo alta la guardia e, se lo si prende, può essere curato. Un discorso che cambia per le persone più fragili, è per loro che bisogna fare molta attenzione: spero che nessuno viva l'incubo che ho vissuto io».

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