Vaccini, il difficile tentativo Ue di moltiplicare le dosi dopo aver offerto clausole soft alle Big Pharma

di Zenone Sovilla

Con sono parecchi lati oscuri nella vicenda dei ritardi di consegna delle preziosissime dosi di vaccino covid in Europa.

Sullo sfondo c'è la questione dei contratti siglati dalla Ue con le aziende farmaceutiche produttrici: le clausole lasciano mano libera ai venditori, penalizzando, di fatto, i cittadini.

Brevetti, licenze, espedienti vari di salvaguardia delle Big Pharma sono il terreno sul quale, in ritardo, si cerca ora di correre ai ripari, mentre l'anno scorso si sono lasciate aperte troppe maglie.

Tuttavia, a quanto pare, gli Stati non sembrano orientati verso soluzioni radicali, coem appunto la trasformazione dei brevetti, delle licenze e delle autorizzazioni riguadanti i vaccini covid in una proprietà intellettuale e commerciale di dominio pubblico, a fronte di un'emergenza epidemica globale.

L'orientamento è piuttosto quella della produzione per conto terzi, uno scenario che, però, lascerebbe il controllo totale nelle mani delle case farmaceutiche detentrici dei diritti. Dunque, potrtebbe cambiare assai poco. E fra l'altro, gli stabilimenti esterni potenzialmente in grado di produrre i vaccini, avrebbero bisogno di 4-6 mesi per entrare a regime.

Questo perché non si è pensato già l'anno scorso (altra svista piuttosto singolare) di avviare parallelamente anche questo processo, per farsi trovare pronti, mettendo in conto la necessità di moltiplicare le produzioni in stabilimenti esterni.

Ma per ora si pratica sostanzialmente solo la persuasione: si fanno pressioni sulle case farmaceutiche che non svelano i contorni del loro business ma si rifugiano generalmente dietro a non meglio precisate motivazioni legate a inconvenienti nei processi industriali.

Non va dimenticato, peraltro, che la ricerca scientifica alla base dei vaccini covid è stata largamente sostenuta dalle casse pubbliche e in diversi casi viene svolta nelle Università in collaborazione con i produttori.

A questi ultimi spettano soprattutto, appunto, la produzione e la distribuzione.

Del tema ha parlato ieri anche la giornalista scientifica Nicoletta Dentico, intervistata dall'emittente milanese Radio Popolare, che ha messo l'accento sia sulle responsabilità delle Big Pharma sia dell'Ue che con loro ha condotto un negoziato sbagliato.

«Dobbiamo renderci conto che produrre milioni e milioni di vaccini in poche settimane e distribuirli non è una cosa banale. Questo lo abbiamo sempre detto e io penso che le aziende, dal canto loro, abbiano giocano in fase contrattuale annunciando impegni di erogazione che erano irrealistici e che facevano parte della propaganda di fine anno a cui tutti quanti abbiamo partecipato, governi e aziende, sapendo di non poterlo fare ma sapendo anche che quell’annuncio garantiva loro dei rimbalzi finanziari importantissimi. Non ci dimentichiamo che il ceo di AstraZeneca ha ottenuto – questo è stato annunciato la scorsa settimana – un compenso di 21,5 milioni di dollari per la leadership che ha esercitato nel 2020 e per il modo in cui è riuscito a condurre l’azienda in queste circostanze non favorevoli».

Dopo aver accennato alla questione della liberalizzazione dei brevetti e dell'ipotesi - improbabile - di cessione obbligatoria delle licenza d produzione (si prevede piuttosto una forma solo volontaria), l'esperta  spiega che Ue e governi nono hanno utilizzato gli strumenti giuridici disponibili per rendere pù stringenti gli impegni delle case farmaceutiche, senza contare la violazione alkl'obbligo della trasparenza (in contratti erano segreti): «Abbiamo sostanzialmente ceduto su tutti i fronti. Adesso invochiamo azioni legali, ma non so dove ci porterà questa cosa. L’unica soluzione che potrebbe in qualche modo rimettere un po’ la leva dell’iniziativa nelle mani dei governi sarebbe quella di concedere licenze obbligatorie o di riconoscere questa famosa sospensione dei brevetti per il periodo della gestione della pandemia a livello globale».

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