Vaccini covid: in Trentino somministrate quasi 47mila dosi, Bolzano corre di più ed è seconda in Italia per percentuale utilizzata (84,7%).

Questa mattina erano 46.704 le dosi di vaccino covid somministrate in Trentino, come spiega la Provincia, sottolineando che sono comprese le 16.328 seconde dosi e le 7.122 riservate a ospiti di residenze per anziani.

Leggermente inferiore (46.636) il dato riportato questa sera nel report ufficiale pubblicato dal governo, che vede il Trentino scivolare dal quinto posto di ieri all'ottava posizione nella graduatoria delle regioni stilata sulla base della percentuale di dosi utilizzate sul totale disponibile nei magazzini.

Trento è al 75,4%, mentre resta prima sempre la valle d'Aosta, che attua una strategia molto "aggressiva", sul modello britannico, riducendo al minimo gli accantonamenti per i richiami: ha utilizzato l'89,1% dei flaconi ricevuti.

Anche Bolzano segue una prassi simile e con l'84,7% si colloca al secondo posto, davanti alla Campania.

Il ministero: ok a dose unica per chi ha avuto l'infezione

Stasera, intanto, è arrivato dal ministero della salute il via libera per la somministrazione di un'unica dose alle persone che hanno avuto il covid. Niente, dunque, necessità (per il momento) del richiamo.

La circolare chiarisce che "è possibile considerare la somministrazione di un'unica dose di vaccino" anti-Covid-19 nei soggetti con "pregressa infezione da SARS-CoV-2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica)", "purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dalla documentata infezione e preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa".

Tuttavia, la possibilità di somministrare un'unica dose "non è da intendersi applicabile ai soggetti che presentino condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici", sottolinea la nuova circolare del ministero. In questi soggetti, si legge nel documento, "non essendo prevedibile la protezione immunologica conferita dall'infezione da SARS-CoV-2 e la durata della stessa, si raccomanda di proseguire con la schedula vaccinale proposta (doppia dose per i tre vaccini a oggi disponibili)".

A Trento, l'assessore alla salute, Stefania Segnana, che ha incontrato oggi i rappresentati delle associazioni trentine che operano in favore dei disabili, ha annunciato che a breve verrà predisposto un nuovo cronoprogramma di vaccinazione di questa categoria, in conseguenza del fatto che anche il vaccino AstraZeneca è stato ritenuto idoneo per le persone fragili.

Stasera il dottor Antonio Ferro, responsabile del dipartimento prfevenzione all'Apss, ha spiegato che fra la popolazione trentina fino ad oggi vaccinata il contagio si è praticamente azzerato. “Con le due dosi inoculate – ha detto Ferro – siamo ad un’efficacia pari circa al 97%”.

Intanto, a Roma, anche oggi riunioni di lavoro per migliorare la macchina della campagna vaccinale.

La macchina per la produzione di vaccini anti Covid in Italia è pronta a mettersi in moto.

Le aziende sono disponibili a scendere in campo e il governo è in prima linea con un ventaglio di strumenti normativi e finanziari. E se per la fase di infialamento e finitura delle dosi, grazie all'eccellenza italiana, si può partire anche subito, si tratta ora di individuare le aziende che, per conto terzi, potranno produrre vaccini entro l'autunno.

Il piano per il primo vaccino italiano

Il passo avanti arriva dalla seconda riunione del tavolo sui vaccini, ospitato al Ministero dello sviluppo economico sotto la regia del ministro Giancarlo Giorgetti. Un incontro che ha visto riuniti gli stessi partecipanti della prima riunione, il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, il direttore generale Enrica Giorgetti, il direttore centro studi Carlo Riccini, il presidente dell'Aifa Giorgio Palù, con l'aggiunta del nuovo commissario per l'emergenza Paolo Figliuolo e del sottosegretario alla presidenza Franco Gabrielli.

L'analisi delle aziende che potrebbero essere coinvolte nel progetto ha restituito un quadro confortante. Innanzitutto è stata verificata la disponibilità di alcune industrie a produrre i «bulk», ossia il principio attivo e gli altri componenti del vaccino, perché già dotate, o in grado di farlo a breve, dei necessari bioreattori e fermentatori. La produzione, però, potrà avvenire a conclusione dell'iter autorizzativo da parte delle autorità competenti, in un tempo stimato di 4/6 mesi, fino ad 8 ha poi precisato il ministro in Parlamento.

Obiettivo: la produzione entro l'autunno

È proprio su queste aziende che si concentrerà ora l'attenzione con l'avvio di una fase di verifica: il ministro ha infatti dato mandato ai diversi rappresentanti di procedere all'individuazione di contoterzisti in grado di produrre vaccini entro l’autunno del 2021. Ma proprio sui nomi delle aziende è stata imposta la consegna del silenzio. Più semplice invece il coinvolgimento delle aziende italiane nella fase finale cioè l'inserimento delle dosi nelle fiale e il relativo confezionamento.

È stato appurato che ci sono le «condizioni immediate» per avviare la fase dell'infialamento e della finitura. Secondo il Mise sono già pronte a partire molte aziende. Per rafforzare ulteriormente il progetto, Giorgetti, che aveva sottolineato da parte del governo la totale disponibilità di strumenti normativi e finanziari per raggiungere l'obiettivo della produzione di vaccini in Italia, conferma la volontà dell' Esecutivo di realizzare in Italia un polo per la ricerca di farmaci e vaccini con investimenti pubblici e privati.


 

Ue, si accelera nelel autorizzazioni

L'autorizzazione d'emergenza Ue per i vaccini Covid, oltre agli adeguamenti per le varianti, potrebbe riguardare anche i nuovi sieri che fanno parte della strategia dell'Unione.

Si tratta di una pista su cui la Commissione europea è al lavoro, e che presenta però molti scogli legali, soprattutto sotto il profilo delle responsabilità, che i 27 leader dovranno valutare insieme di assumere, forse già al prossimo vertice del 25 marzo.

La scorciatoia, utilizzata dall'Ungheria di Viktor Orban per sdoganare lo Sputnik russo ed il Sinopharm cinese, è prevista per gli Stati, ma ha carattere solo temporaneo e valore a livello nazionale. L'iniziativa, lanciata da Ursula Von der Leyen, è stata spinta dalla richiesta dei 27 capi di Stato e di governo di accelerare su via libera, produzione e distribuzione degli immunizzanti di fronte all'incalzare dell'emergenza mutazioni e alle forniture che arrivano a singhiozzo.

Vaccino Johnson&Johnson, l'ok l'11 marzo

E resa anche più necessaria alla luce del parere dell'Agenzia europea del farmaco (Ema) che, nonostante il pressing degli Stati dopo i dati positivi sul livello di protezione di una singola dose, "non vede ancora prove sufficienti per raccomandare modifiche" e passare ad un solo shot.

Al di là del vaccino di Johnson&Johnson, che potrebbe ottenere il via libera dell'Ema l'11 marzo, fanno parte del programma Ue, ancora da approvare, Curevac e Sanofi, e altri due contratti in attesa di essere siglati con Novavax e Valneva. Questi sono perciò i sieri che potrebbero seguire la corsia preferenziale. Ma immunizzanti come lo Sputnik V, per il quale i russi non hanno mai presentato alcuna richiesta di autorizzazione all'Ema e su cui è in pressing il leader della Lega Matteo Salvini che sollecita l'Italia a seguire la strada dei Visegrad, resterebbero comunque tagliati fuori.

Kurz: vaccinazioni a tappeto in Tirolo

Intanto il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, tra i più netti nell'accusare l'Ema di lentezze, alla vigilia della sua partenza per Israele dove sarà da domani con la danese Mette Frederiksen per avviare un'alleanza sulla produzione dei vaccini di seconda generazione, promette immunizzazioni "a tappeto" in Tirolo per arrestare la corsa delle varianti, grazie ai vaccini Pfizer. Proprio sul viaggio di Kurz e Frederiksen, tra i diplomatici dei Paesi partner a Bruxelles si registra scetticismo ed il forte sospetto che si tratti di un'iniziativa rivolta agli elettorati nazionali sempre più insofferenti per scaricare le responsabilità dei ritardi sull'Ue e mostrare che nessuna strada è stata lasciata intentata.

Sputnik V, dubbi sulle capacità produttive

Le perplessità nascono prima di tutto per il fatto che nessuno dei tre Stati ha capacità produttiva di sieri. Tra l'altro viene fatto notare che le dosi della Pfizer che Benyamin Netanyahu ha usato per inoculare gli israeliani sono perlopiù uscite dagli stabilimenti del Belgio.

Ma si sottolinea anche che lo Steering board che orienta le decisioni sui vaccini, dove siedono delegati di tutti gli Stati membri, è guidato assieme alla negoziatrice Ue, Sandra Gallina, proprio da un austriaco, Clemens Auer.

Forte è lo scetticismo anche sullo Sputnik V, in merito al quale fonti a Bruxelles sottolineano che le capacità di produzione russa è molto limitata. Può contribuire a rafforzare le vaccinazioni in Paesi di piccole dimensioni, ma non sarebbero mai sufficienti a coprire le esigenze per esempio dell'Italia.

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