Tifosi impazziti per il Milan degli "Immortali"

di Stefano Parolari

C’era una volta una squadra che non faceva oltrepassare la metà campo agli avversari. Era il Milan di un allenatore “demiurgo” che ha cambiato il calcio, Arrigo Sacchi. Era non solo una formazione di fenomeni. Di più, erano gli “Immortali”. Quando è entrato all’Auditorium del S. Chiara, ieri pomeriggio, Zvonimir Boban, attuale reggente delle sorti dei rossoneri che hanno appena mandato a casa mister Giampaolo, il popolo rossonero, rivolto idealmente anche all’altro dirigente Paolo Maldini (ieri assente), diviso tra giovani scatenati e reduci dalla finale simbolo del Camp Nou di Barcellona, davanti a 90mila spettatori con il 4 a 0 rifilato in finale alla Steaua Bucarest di Lacatus e Hagi, ha urlato verso i “gladiatori” di quelle magiche notti: «Tornate voi, fate voi i dirigenti, non è possibile finire in questo modo, a rischiare di finire in D».

Boban ha dovuto ammettere: «La squadra di mister Sacchi e dei tre olandesi, dei Baresi, dei Galli e dei Donadoni, degli Ancelotti, dei Costacurta e dei Galli non tornerà più. È impossibile. È una questione di programmazione, è stata un’altra epoca».

Si sono un po’ spaventati due dei tre olandesi diretti dal mister voluto da Galliani e dal presidente Berlusconi, dopo aver perso 4 volte dal suo Parma in amichevole e due volte in Coppa Italia. Ieri erano presenti Marco Van Basten, osannato dagli appassionati, e Frank Rijkaard, il cigno di Utrecht e l’”uragano” di Amsterdam. Non c’era il tulipano nero, Ruud Gullit, bloccato da un impedimento della sua compagna.

«Con Sacchi ho avuto all’inizio - ha detto Van Basten - dei problemi. In Olanda si parlava di tattica, con lui solo di aggressività e movimento continuo. Dopo due partite, a Cesena, mi mise in panchina. Presto mi ambientai e grazie a lui ho potuto poi esprimere tutte le mie potenzialità. Lui mi disse che gli avevo sì creato qualche problema ma gliene avevo risolto anche tanti». In uno scherzoso sipario con i conduttori Rijkaard si meravigliò, dopo essere stato acquistato dallo Sporting Lisbona (Braida ha rivelato che corsero lontani dai tifosi portoghesi arrabbiati e si nascose il contratto nelle mutande...), del fatto «che vedeva Gullit correre». Come se il gioco totale dell’Olanda di Cruijff fosse stato una meteora.

Il capitano Franco Baresi, “venerato” da tutti i compagni come esempio e come trascinatore in ogni parte del campo, ha sottolineato che, prima delle Supercoppe internazionali, delle Coppa dei Campioni e dello scudetto, tra loro dicevano su Sacchi «questo qui dura un mese» e poi però «ma mi sono ricreduto immediatamente, i nuovi allenamenti che aveva introdotto ci facevano “volare”, erano insegnamenti eccezionali».
Billy Costacurta, che il giornalista Pellegatti ha chiamato “vibrazioni dell’anima”, ha sottolineato, lui che era al Milan dall’età di 13 anni e di mister ne aveva visti tanti, che «Sacchi sembrava avere un metodo da pazzi, quando solo l’anno prima eravamo stati presentati con l’arrivo in elicottero al suono della Cavalcata delle Valchirie».

Van Basten ha detto che le semifinali contro il Real Madrid della prima coppa con “le orecchie” furono incredibili: al Bernabeu un 1 a 1 con un suo gol di testa in una torsione mai più rivista sui campi del globo, più un altro gol annullato e oggi «la Var lo darebbe buono senza problemi». Poi un 5 a 0 da urlo a S. Siro. «Sentivamo - ha detto Ancelotti - urlare nello spogliatoio del Real e Sacchi disse che erano di paura. Ragazzi Berlusconi vuole la goleada. E così fu».

Giovanni Galli, il portiere che spesso si prendeva nelle pagelle un “senza voto”, ha detto «che con una simile squadra ci potevano chiamare “Immortali” perchè tutto era studiato in ogni particolare. Quel gruppo ha segnato un’era e anche a me Sacchi parlava e mi diceva “bene, non hai fatto una parata, ma ho visto che eri attento alle azioni”. Questo era il mister, un perfezionista». E Daniele Massaro: «In quel collettivo ho imparato la differenza tra vincere e partecipare. Mi rammento che Sacchi non mi voleva nel suo Milan, ma dopo un anno rientrai e a fianco di Van Basten lo soddisfai».

Filippo Galli, Mussi, Colombo, Lantignotti, Carobbi e il secondo portiere Pinato hanno tutti parlato della «maniacalità del mister e della cura dei concetti. Anche dopo cena e dopo una giornata massacrante di allenamenti. Per essere fenomeni, invincibili, insomma gli “Immortali”, qualche sacrificio bisognava pur farlo. O no?

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