Il Papa in ginocchio aggrappato alla croce. Sarà questa l'immagine che per sempre resterà della visita di Giovanni Paolo II a Stava: era domenica 17 luglio 1988, tre anni dopo l'immane tragedia che ha cancellato 268 vite innocenti. Il papa in ginocchio aggrappato alla croce.
Ringraziamo il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per questo intenso e appassionato intervento scritto per l'Adige in occasione dei 30 anni dalla immane strage di Stava del 19 luglio 1985.
È impossibile immaginare l’apocalisse. Possiamo però contarne i secondi. Ne bastarono una manciata. Il tempo di bere un caffè, e l’intera valle di Stava fu inghiottita dal fango insieme a 268 tra uomini, donne e bambini (tanti bambini).
A Stava, quel venerdì 19 luglio 1985 ore 12.22.55, un pool di chef mortali, proprietari e gestori nel tempo dei bacini, costruiti e gestiti con incultura, imperizia, negligenza e imprudenza, e ciechi enti istituzionali preposti al controllo degli stessi bacini, serviva un pranzo mortale di fango
«Stava è come un faro per me. Mi sta mostrando la strada da percorrere nella vita. È un pensiero ricorrente. Per chi ci vive e per chi studia quel che è successo lì è un pensiero fisso». A dirlo è un geologo.
Il disastro della Val di Stava, che ha provocato la morte di 268 persone e la scomparsa di un intero paese sotto un’imponente slavina di fango, non ha rappresentato solo un punto di non ritorno in relazione alla costruzione dei depositi di inerti minerari, ma è stato anche uno spartiacque nella g