Rifugio distrutto in Marmolada, tempi lunghi. Il gestore: "ci vorranno sette o otto anni"

di Leonardo Pontalti

«Non mi piace illudere le persone. Soprattutto se devo chiedere loro aiuto: prima di rivedere in piedi un nuovo rifugio Pian dei Fiacconi passeranno anni. Nel frattempo, meglio che io mi cerchi un nuovo lavoro».
È abbattuto Guido Trevisan. Più che altro, in fondo, semplicemente realista. Ieri il proprietario e gestore della struttura della Marmolada irrimediabilmente danneggiata da una valanga lo scorso 14 dicembre, ha lanciato una nuova raccolta fondi on line, attraverso la piattaforma gofoundme.com.
«Dopo il tanto affetto e i generosi interessamenti dei giorni scorsi, quando avevamo dato a tutti la possibilità di contribuire attraverso donazioni su un conto corrente, abbiamo deciso di affidarci alla piattaforma on line, perché più immediata, più semplice e soprattutto in grado di garantire la massima trasparenza ai sottoscrittori. Ma l’ho spiegato chiaramente, sul sito e lo ribadisco: il denaro che verrà raccolto non servirà a ricostruire il rifugio».
In realtà sì. Far fronte alle spese per archiviare la dolorosa ma necessaria parentesi della demolizione, è comunque il primo passo per ricominciare.
«Sono spese ingenti. Mi sono confrontato con un ingegnere e abbiamo stimato che per la rimozione delle macerie e il trasporto a valle di quel poco che potrà essere salavato tra gli arredi, serviranno all’incirca 120mila euro. E poi, prima di ripartire, dovrò chiudere il mutuo che era ancora attivo per il rifugio che non c’è più: 140mila euro».
Tabula rasa. Poi, grazie ai suoi sforzi e alla generosità di chi vorrà contribuire, si potrà pensare alla rinascita.
«L’obiettivo è quello. Ma senza illudere nessuno. Le tempistiche saranno lunghe. Una volta passate le festività spero di poter incontrare qualcuno in Provincia. La Marmolada non è mia, devo capire innanzitutto che cosa voglia fare l’ente pubblico e a che cosa si possa pensare ipotizzando un nuovo rifugio».
La sua idea è quella di non ricostruirlo là dove sorgeva.
«L’ho scritto anche su internet: la Natura è maestra e non si può prescindere dai suoi segnali. L’unica mia certezza è che non ricostruirò più forte, più grande e con più cemento: non ho intenzione di impattare sul delicato sistema del ghiacciaio e di creare nuovi rifiuti per le generazioni che verranno. E poi la zona è a rischio, è evidente. Si dovrà ricostruire in un altro punto, ma non posso individuarlo da solo».
Con tempi lunghi, teme.
«Lo dicono le vicende di altri rifugi. Pensiamo al Petrarca, in val Passiria: i lavori sono partiti l’anno scorso, cinque anni dopo la valanga che l’aveva distrutto. O, senza andare lontano, al Tonini. Io penso che un nuovo Pian dei Fiacconi lo potremmo rivedere forse tra sei, otto anni».

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