Mollo Milano e divento noneso: dal lockdown in montagna alla scelta di trasferirsi per sempre

Sempre più spesso si parla della Val di Non come di un territorio che, nel post emergenza, sarà particolarmente attrattivo per chi cerca una destinazione sicura e confortevole per trascorrere le proprie vacanze. Con i suoi ampi spazi, la bassa concentrazione di grandi strutture alberghiere, i tanti percorsi per camminare in montagna, la valle potrebbe davvero trovare un’occasione importante per un rilancio turistico.

Ma queste caratteristiche vanno bene anche per imprenditori e liberi professionisti che decidono di abbandonare la città per vivere in un luogo più sicuro, tranquillo e periferico?

Lo abbiamo chiesto a Emiliano Merzagora, produttore di audiovisivi milanese, che proprio alla vigilia del primo lockdown si trovava in Val di Non con la compagna e i due figli.

«Il 21 febbraio, giorno del suo compleanno - racconta Emiliano, classe 1978 - mia figlia Olivia aveva espresso il desiderio di andare a sciare con il suo gruppo di amiche. Eravamo dunque già a Coredo, paese in cui possediamo una seconda casa, quando la situazione si è inasprita, le scuole sono state chiuse e si è poi deciso per il lockdown».

Cosa avete deciso di fare in quel momento?
«Ci siamo trovati a dover decidere dove stare, essendo già in valle da qualche tempo prima dell’effettiva chiusura. Ci siamo basati sulla considerazione più semplice di tutte: qual è il luogo che ci garantisce maggiore spazio? Non solo fisico ma anche mentale. A Milano abitiamo in una bella zona, in pieno centro, vicino a un grande parco. Ma si tratta pur sempre di un appartamento. In Val di Non, per nostra fortuna, abitiamo una casa in mezzo ai prati, con tanto cielo sopra di noi e le montagne all’orizzonte. Avevamo dunque a portata una soluzione che ci avrebbe garantito maggior respiro in quel momento non abbiamo avuto alcun dubbio: abbiamo deciso di rimanere qui».

Di che cosa si occupa la sua azienda?
«Altamarea Film si occupa di produzione di audiovisivi. Il nostro core business è la pubblicità, area nella quale sono più direttamente coinvolto, ma da sempre con il mio socio realizziamo anche opere di cinema indipendente, arthouse, sia di autori affermati che di giovani».

Produzioni che ha scoperto di poter realizzare anche in un paesino di montagna. E’ possibile immaginare che in futuro sempre più persone facciano una scelta di vita simile?

«Basta solo organizzarsi: per nostra fortuna in questi anni abbiamo reso casa nostra confortevole non solo dal punto di vista abitativo ma anche da quello logistico. Abbiamo infatti una buona connessione internet, che in tutto il 2020 ha rappresentato il cordone ombelicale che ci ha tenuti costantemente connessi a scuola e lavoro. Da subito, infatti, per i nostri figli è cominciata la didattica a distanza: questo per noi ha comportato la necessità di perfezionare una nuova routine che potesse bilanciare le esigenze di apprendimento dei ragazzi con il rispetto delle nostre scadenze professionali».

Stessa professione ma in un luogo completamente diverso. Come cambia la vita?
«Per il mio personalissimo equilibrio, e dunque per affrontare la situazione nel modo più saldo e lucido possibile, è stato fondamentale trovarmi in uno spazio che mi garantisse il confronto continuo con qualcosa di più grande di me: la natura. Pur non potendo uscire inizialmente dai confini del nostro giardino, ci siamo divertiti a fare esercizio fisico nel campo di mele adiacente e abbiamo intrapreso i classici lavori primaverili di giardinaggio, orticoltura, manutenzione e così via. In seguito abbiamo riscoperto il piacere di camminare nello splendido territorio in cui ci troviamo.

Posso affermare con grandissima convinzione di essere molto più produttivo quando la mia giornata comincia con un giro nel bosco, magari prosegue col guado di un torrente e un caffè con un caro amico a parlar d’altro prima di sedermi al computer. Non solo perché un po’ di movimento nella natura serve per meglio affrontare le interminabili sedute di videoconferenza che sono diventate la prassi, ma anche perché mi permette di calarmi in uno spazio diverso, più privato, in qualche modo riparato da quanto succede là fuori.

Quale messaggio manderebbe a chi immagina di seguire il vostro esempio?
«Il lockdown in Val di Non mi ha ricordato che davvero, come pensavo da ragazzo, un altro mondo è possibile. Basta avere la possibilità e la voglia di mettere in discussione le proprie abitudini, anche a livelli basici. Questa esperienza mi ha ribadito con forza anche il fatto che ogni situazione, anche la più negativa, ha il suo risvolto positivo. Non credo sia un caso, a proposito, che anche la mia compagna abbia trovato una bella collaborazione con un’importante azienda locale. Il baricentro professionale della nostra famiglia, in sostanza, si è spostato verso la valle. Affrontiamo quindi i prossimi mesi pronti ad assecondare il cambiamento: sono convinto che in un momento di incertezza come quello che stiamo vivendo un’estrema flessibilità, unita a un grande ottimismo, sia l’unica chiave per affrontare un futuro incerto e un po’ incartato su se stesso, tra le pieghe del quale però mi piace pensare che possano nascondersi tante possibilità. A ognuno di noi sta scovarle, coglierle, e nutrirle».

[articolo di Paolo FORNO]

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