Vea Carpi: come una pisana ha messo su un maso mocheno (e ha scritto un libro sulla pasta madre)

di Luigi Oss Papot

MALA (VAL DEI MOCHENI) - Che ci fa una toscana immersa nel verde della Valle dei Mocheni? Ha raggiunto il suo obiettivo, ha “chiuso il cerchio” come dice lei, dando un senso alla sua passione.

Lei è Vea Carpi, pisana di origine ma praticamente trentina a tutti gli effetti, cuore pulsante del Mas del Saro, agriturismo arroccato nel verde sopra Mala, dove con il marito Renzo, giornalista, ed i tre figli, vive coltivando il suo amore per la natura.

Un amore, come ci racconta, che è nato per caso, non era nei suoi progetti di giovane donna laureanda in scienze politiche: “Fino ai 25 anni ho vissuto a Pisa, ma i miei nonni erano altoatesini, e quindi per me la montagna è sempre stato sinonimo di vacanza con loro, di profumi che ancora oggi mi fanno ricordare quel periodo. Sono arrivata in Trentino seguendo mio marito, in quanto lui aveva già il lavoro stabile, sperando di poter mettere in pratica qui quello che avevo studiato all’università”.

E difatti per alcuni anni, vivendo inizialmente a Pergine, ha lavorato in Provincia, con contratto a tempo determinato, grazie ai suoi studi.

Una prima svolta è arrivata nel 2002, quando assieme al marito Renzo acquistarono il Mas del Saro, che “era abitabile -racconta Vea- ma ancora da ristrutturare. L’idea che avevo ancora allora era quella di una classica vita nei canoni, facendo i pendolari fino in città per poi tornare in valle. Però pian piano il maso si è impossessato di noi, avevo sempre più voglia di rimanere qui, e di non andare in città”.

La seconda svolta arriva in un momento cruciale, quando cioè le scade il contratto a tempo determinato in Provincia: “È stato un momento duro -racconta ancora- ma è stato in quell’istante che ho capito quello che non volevo, e cioè che tutto quello che fino allora avevo in mente per la mia vita non era quello che mi dava soddisfazione”.
Dopo aver fatto la mamma per un po’, dedicandosi solo a quello, Vea inizia a “mettere le mani nella terra”, coltivando l’orto e cercando di portare sulla tavola di casa i frutti del lavoro: è questa il primo embrione di idea per un’impresa agricola, che diventa realtà effettiva nel 2011, quando la partita Iva ufficializza la passione in idea di impresa.

Sfruttando proprio il Mas del Saro, Vea ha l’idea di creare un maso vero e proprio, nel senso del termine antico, il più possibile autosufficiente, più che un’azienda agricola. E per questo inizia a partecipare anche ad alcuni mercati, offrendo i prodotti coltivati, ed anche laboratori didattici per le scuole.

“Tutte idee molto belle -prosegue Vea- ma questa mia passione non generava reddito per la mia famiglia. Per questo, a quel punto, dovevo decidere se ridurre questo mio progetto a livello di hobby, trovando un lavoro in città, oppure se fare un salto in avanti”.

Ed è a questo punto che arriva la terza svolta, nel 2016: l’apertura di un agriturismo nel quale riesce a trasmettere ai suoi ospiti la filosofia di vita che l’ha portata, dalla piana pisana, vicina al mare, alle montagne del Trentino, alla passione (ma anche alla fatica) di coltivare i campi, di badare agli animali, ma di poter anche avere la soddisfazione di vedere i frutti di questo lavoro. Una vita ed una passione che Vea ha recentemente trasmesso anche grazie ad un libro, “La mia pasta madre”, che va oltre al classico libro di cucina.

“Se da giovane -commenta- mi avessero fatto vedere una foto di quello che sarei diventata ora, non ci avrei scommesso nulla. Non è mai troppo tardi per seguire le proprie passioni e realizzarle. L’ho notato anche dalle tante donne che mi seguono su Instagram, che confrontano quasi con rassegnazione la loro vita a quello che faccio. La parola “ormai” non deve esistere perché non è mai tardi per mettere in pratica idee o passioni, non è vero che solo da giovani si possono fare scelte radicali di vita. Per questo cerco di trasmettere qualcosa anche ai miei figli, ma senza mettere pressione sulle loro aspettative”.

Una forza tutta al femminile dunque, anche in agricoltura: ne è un esempio quanto accade con “Bollait”, il progetto tutto mocheno che mira a ricostruire la filiera corta della lana locale trasformandola in prodotti che ne valorizzano le innumerevoli qualità. A comporre il comitato sono infatti tutte donne: Daniela Dalbosco, Barbara Pisetta, Giovanna Zanghellini, Vea Carpi, oltre a Stefano Moltrer.

“Nel mondo agricolo -sostiene Vea- tanta innovazione viene soprattutto dalle donne, l’uomo è invece tendenzialmente più conservatore. Ma servono ancora passi da gigante per raggiungere la parità femminile. Ne è un esempio quanto accaduto ad Agitu”.

Vea si commuove e gli occhi si riempiono di lacrime ricordando la terribile fine accorsa alla combattente Agitu, a neanche 2 chilometri in linea d’aria, sull’altro versante della valle, a Frassilongo: “Io sono convinta -conclude- che Agitu fosse stata un uomo sarebbe ancora viva. Con la sua vita ha dimostrato che tutto si può fare, era ed è un esempio perché da sola ha costruito la sua azienda; ma con la sua morte ci ha anche provato che dobbiamo lavorare ancora molto per raggiungere la parità”.

comments powered by Disqus