In fuga a 170 all'ora sull'A22 Multa cancellata: «Credevo che mi volessero uccidere»

di Nicola Guarnieri

Viaggiava a 170 chilometri orari sull’Autobrennero ma alla fine, nonostante l’autovelox abbia immortalato la folle corsa di gran lunga oltre il limite di velocità, la multa da mezzo migliaio di euro comminatagli dalla Polstrada gli è stata cancellata dal giudice di pace Paola Facchini. Eppure il codice era stato violato, palesemente e con tanto di filmato. Come è stato possibile farla franca? Semplice, la giustificazione a processo è stata presa per buona. E non è certo roba da poco visto che il novello Schumacher ha spiegato di aver pigiato con forza sull’acceleratore perché temeva di essere inseguito da malintenzionati che volevano ucciderlo.

Detta così può sembrare la teoria assurda di una persona mentalmente instabile ma la realtà, dagli accertamenti emersi in dibattimento, hanno confermato la tesi dell’automobilista.

Ma andiamo con ordine. L’uomo - dirigente di un importante gruppo imprenditoriale nazionale - da tempo è oggetto di minacce di morte legate alla sua attività professionale. A tal punto da aver informato e chiesto assistenza alla polizia di Milano. Lo scorso 28 marzo era in viaggio verso Bolzano quando ha notato nello specchietto retrovisore l’avvicinarsi di un’Audi grigia. Ha quindi rallentato per far superare l’altra macchina che, anziché impegnare la corsia di sorpasso, gli è rimasta alle calcagna.

L’imprenditore ha dunque accelerato una prima volta per poi frenare ma l’Audi ha continuato a tallonarlo. A quel punto, memore delle minacce di morte ricevute a ripetizione, ha pensato di essere seguito per scopi non certo benevoli e si è sentito in pericolo di vita.

Preso dal panico ha dato gas cercando di seminare l’inseguitore fino a quando, all’altezza di Pomarolo, quest’ultimo l’ha affiancato e dal finestrino è uscita la paletta della Polstrada che gli ha intimato l’alt. Il conducente, ovviamente, si è fermato nell’area di sosta e, ha spiegato in aula, ha tirato un sospiro di sollievo vedendo che si trattava di un’auto civetta della polizia e non di un malintenzionato.

A bordo della macchina civile della Stradale era installato l’autovelox e gli agenti hanno mostrato all’uomo il filmato della sua corsa che aveva registrato il deciso superamento dei limiti di velocità, come detto 170 chilometri all’ora. Ha poi spiegato il motivo della sua fuga e perfino la gioia nel notare che l’inseguimento era ad opera di forze dell’ordine e non di banditi.

La multa e le conseguenze dettate dal codice della strada e dalla specifica violazione dell’articolo 142, però, hanno fatto il loro corso ma il conducente ha impugnato il verbale dal giudice di pace. Che, come detto, gli ha dato ragione, accogliendo la giustificazione di «violazione determinata da un errore di fatto incolpevole circa la falsa credenza di trovarsi in una situazione di pericolo per il quale opera l’esimente putativa dello stato di necessità previsto dall’art. 54 del codice penale e dall’art. 4 della legge 689 del 1981».

In udienza, gli agenti della Polstrada hanno confermato che, una volta fermato l’automobilista, lo stesso aveva dichiarato che credeva di essere inseguito e di aver accelerato temendo per la propria incolumità. Il giudice, come detto, ha accolto il ricorso scrivendo in sentenza che «la versione dei fatti appare verosimile. Questi infatti ha dichiarato nell’immediatezza della contestazione «ho più volte fatto passare la vettura civetta, poi intimorito dalla vicinanza della medesima ho accelerato cercando di seminarla. Quando si sono palesati mi sono prontamente fermato ormai tranquillizzato».

Il comportamento trova giustificazione nei numerosi e gravi atti intimidatori ricevuti dal ricorrente e riportati nelle denunce ed esposti presentati alla polizia giudiziaria e all’ autorità di pubblica sicurezza che non lasciano dubbi circa le effettive minacce da più tempo ricevute. Ben poteva pertanto credere di trovarsi in una situazione di pericolo essendo seguito per più tempo da un veicolo che non appariva delle forze di polizia. Si ritiene pertanto che possa trovare applicazione la scriminante dello stato di necessità putativo che esclude la sussistenza dell’elemento soggettivo».

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