Primiero, due anni dopo Vaia c'è ancora molto lavoro da fare per recuperare i boschi

di Andrea Orsolin

Due anni dopo Vaia il lavoro da fare è ancora molto. Sono bastati pochi minuti di fortissime raffiche di vento, in quella notte tra il 28 e il 29 ottobre, per abbattere al suolo migliaia di alberi, mentre la grande quantità di acqua caduta ha causato frane e smottamenti del terreno. Il pianto doloroso del bosco che si spezzava rimarrà forse per sempre nei nostri timpani.
«La tempesta ha causato un danno clamoroso dal punto di vista economico, paesaggistico e della filiera del legno - spiega senza tanti giri di parole Luigi Gottardo, responsabile dell’ufficio distrettuale forestale di Primiero, dove Vaia ha colpito il 7% dei boschi -. Il bosco è fondamentale per l’intera comunità di Primiero: con centinaia di migliaia di euro dà ogni anno supporto alla finanza locale. Non ditemi che Vaia è stata un disastro ambientale: è stato innanzitutto un danno per tutti i cittadini, le strutture e l’economia locale. Un danno economico ed emotivo per la comunità».
La vendita del legno - I danni provocati al patrimonio forestale hanno portato ad un immediato eccesso di offerta e, di conseguenza, al crollo del valore del legname. Se prima di Vaia si viaggiava sui cinquanta euro a metro cubo, ora il costo si aggira tra i dieci e i venti euro. Ogni Comune ha venduto il proprio legname in modo autonomo attraverso aste. Il mercato ha risposto positivamente e la gran parte del legname è stato venduto, anche grazie all’arrivo di diverse ditte straniere - da Austria, Slovenia, Repubblica Ceca e Slovacchia - giunte sia per comprare il legname che per lavorarlo direttamente con i propri operai. «Grazie a Vaia i Comuni stanno incassando molti soldi per le vendite dei lotti, ma nei prossimi anni si potrebbe verificare una flessione importante del sistema - spiega Gottardo - Sono stati schiantati 500 mila metri cubi di legname, dieci volte tanto la media di alberi tagliati in un anno normale.
La struttura di aziende forestali locali, da sola, non ce l’avrebbe fatta a lavorarli».
Incubo Covid - Lo scoppio della pandemia ha messo a dura prova la tenuta del sistema per l’incertezza dell’andamento del mercato di legname. «Con le ditte ferme a casa e le comunicazioni con l’estero bloccate tutto si è fermato. C’è stato un periodo di panico ma poi, nonostante le difficoltà, la filiera del legno ha retto e il flusso di autotreni che vanno in Austria e Slovenia non si è mai fermato. Questo significa che la convenienza del mercato post Vaia è davvero elevata».
Bostrico - A complicare il lavoro di raccolta degli alberi è stata la proliferazione del bostrico, insetto dell’ordine dei coleotteri che ha trovato sulle piante schiantate una grande quantità di substrato dove riprodursi, proliferando e determinando l’infestazione. Il primo attacco si è verificato quest’anno, con maggiori concentrazioni soprattutto nella zona di Canal San Bovo. «Non sappiamo con precisione come il bostrico si comporterà in futuro. Sappiamo che è in agguato e che per i prossimi anni potrà determinare ulteriori infestazioni. La speranza è che la velocità del taglio dell’esbosco ne riduca la sua proliferazione».
Due anni dopo - Gli interventi nelle settimane successive alla tempesta sono partiti ad handicap. «Abbiamo dovuto fare i conti con la morfologia molto aspra e impervia del nostro territorio e ad una rete di strade poco concentrata. Abbiamo lavorato velocemente dove c’erano già le infrastrutture, ad esempio in Val Canali. In altre parti, ad esempio sul Bedolé, abbiamo dovuto costruire diversi chilometri di strade nuove, altre zone ancora rimangono da bonificare perché mancano le strade». Il lavoro di boschieri e forestale procede a gonfie vele. «In questo periodo siamo concentrati nel realizzare le infrastrutture e a mantenerle funzionali alla raccolta del legname. Siamo ancora impegnati nel taglio dell’esbosco, tutta la zona sinistra Cismon da San Martino a Siror, ad esempio, deve ancora essere toccata. Ci aspetta ancora almeno un anno di lavoro per portare a termine quello che c’è da fare».

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