Marò, India furiosa per lo sgarbo italiano
Si aggrava sempre di più la crisi diplomatica tra Italia e India dopo l'ordine di non lasciare il Paese rivolto dalla Corte suprema indiana all'ambasciatore italiano Daniele Mancini. Ieri Mancini è stato convocato per la seconda volta in tre giorni al ministero degli Esteri indiano dopo la decisione di Roma, in barba a un impegno formale preso con la Corte suprema indiana, di non far rientrare a New Delhi Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due soldati italiani accusati dell'omicidio di due pescatori
Si aggrava sempre di più la crisi diplomatica tra Italia e India dopo l'ordine di non lasciare il Paese rivolto dalla Corte suprema indiana all'ambasciatore italiano Daniele Mancini.
Ieri Mancini è stato convocato per la seconda volta in tre giorni al ministero degli Esteri indiano dopo la decisione di Roma, in barba a un impegno formale preso con la Corte suprema indiana, di non far rientrare a New Delhi Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due soldati italiani accusati dell'omicidio di due pescatori. Il 15 febbraio 2012 i due marò fecero fuoco dalla petroliera Enrica Lexie su una barca di pescatori. Morirono Valentine Jalestine, 45 anni, e Ajesh Binku, 25 anni.
Funzionari del ministero hanno consegnato a Mancini un'ordinanza firmata dal presidente della Corte, Altamas Kabir, in cui gli si chiede di presentare una memoria sulla vicenda marò e soprattutto di non abbandonare l'India fino al 19 marzo. Quel giorno è stata fissata un'udienza in cui il massimo tribunale indiano adotterà misure per contrastare l'«oltraggio» subito.
Latorre e Girone lasciarono l'India il 22 febbraio grazie a una autorizzazione concessa in base anche a una dichiarazione giurata dello stesso ambasciatore Mancini che garantiva il loro ritorno a nome della Repubblica italiana. L'irritazione crescente degli indiani è stata rappresentata anche all'ambasciatore dell'Unione europea a New Delhi, Joao Cravino, anch'egli convocato ieri al ministero degli Esteri.
Dopo l'intervento di mercoledì alla Camera in cui ha definito «inaccettabile» il comportamento italiano, il premier indiano Manmohan Singh si è riunito ieri con il ministro degli Esteri, Salman Khurshid, il quale ha assicurato che «il potere esecutivo farà rispettare con tutti i mezzi disponibili l'ordinanza della Corte», perché ciò «è nel massimo interesse del Paese e del nostro sistema giudiziario».
Il portavoce del ministero degli Esteri indiano Syed Akbaruddin ha dichiarato che «ci aspettiamo che l'Italia rispetti gli impegni presi con la nostra Corte». Aggiungendo subito dopo che a causa del perdurare e dell'acuirsi della crisi, «abbiamo cominciato uno studio delle interazioni indo-italiane e alla fine del processo interno prenderemo le azioni appropriate».
Da Gerusalemme tuttavia, dove si trovava per incontri politici, il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha confermato che «abbiamo una posizione molto solida - di cui siamo perfettamente convinti insieme a importanti partner della comunità internazionale - sul fatto che agiamo nel pieno rispetto dell'ordinamento giuridico e del diritto internazionale pattizio e consuetudinario».
L'India in ogni modo ha bloccato la partenza, prevista per oggi, del suo nuovo ambasciatore a Roma, Basant Kumar Gupta, che è stata rinviata a data da destinarsi. E probabile che null'altro di concreto accada prima dell'udienza in Corte Suprema e della scadenza, il 22 marzo, delle quattro settimane di permesso concesse ai marò.
New Delhi potrebbe adottare una serie di misure di ritorsione come l'allontanamento dell'ambasciatore italiano o la richiesta di una riduzione del personale diplomatico, accanto a misure per disincentivare il commercio bilaterale.
Intanto ieri i soldati della marina militare imbarcati su un mercantile italiano, in navigazione nel Golfo di Aden, hanno sventato un tentativo di arrembaggio da parte di pirati, non uccidendo nessuno ma sparando e mettendo in fuga gli aggressori.