Totò Riina furioso: «Uccidete i politici»
«Sapete perché Totò Riina accusa lo Stato? Perché prima gli hanno fatto fare le cose e poi l'hanno mollato». È un Riina arrabbiato e pronto ad ammazzare politici e rappresentanti delle istituzioni, quello descritto dal pentito Francesco Onorato, teste ieri al processo sulla trattativa Stato-mafia. Un racconto il suo pieno di rivelazioni inedite: come quella del progetto di Cosa nostra di uccidere l'ex presidente del Consiglio Andreotti e il figlio
«Sapete perché Totò Riina accusa lo Stato? Perché prima gli hanno fatto fare le cose e poi l'hanno mollato». È un Riina arrabbiato e pronto ad ammazzare politici e rappresentanti delle istituzioni, quello descritto dal pentito Francesco Onorato, teste ieri al processo sulla trattativa Stato-mafia. Un racconto il suo pieno di rivelazioni inedite: come quella del progetto di Cosa nostra di uccidere l'ex presidente del Consiglio Andreotti e il figlio.
Dopo il maxi-processo, conclusosi con decine di ergastoli definitivi, il padrino di Corleone stila una lista di nemici da abbattere: personaggi prima ritenuti amici, poi accusati di non avere mantenuto i patti. Un lungo elenco ricordato in aula da Onorato: «C'erano Carlo Vizzini, Calogero Mannino, Salvo Lima, i cugini Salvo, Andreotti e il figlio e imprenditori come Ferruzzi e Gardini». Dell'eliminazione degli Andreotti si sarebbero dovuti occupare i boss Giuseppe e Filippo Graviano a Roma. «Ma poi - racconta il pentito - gli aumentarono la scorta e saltò tutto».
«Riina era arrabbiato - ricorda il teste - perché prima gli avevano fatto fare cose, come l'omicidio Dalla Chiesa. L'avevano voluto Craxi e Andreotti, mica la mafia. Poi quando l'opinione pubblica scese in piazza i politici si nascosero. Per questo Riina li voleva uccidere tutti». A fare le spese dell'ira del boss fu Salvo Lima, l'eurodeputato Dc ucciso nel 1992 da un commando di cui faceva parte Onorato. Un delitto che segnerebbe il primo atto della strategia di sangue con cui Cosa nostra convinse pezzi dello Stato a trattare.
Il collaboratore ricevette l'ordine di eliminarlo dal luogotenente di Riina, Salvatore Biondino. «Mi rimproverò pure - racconta - di non aver ucciso i due uomini che erano con lui. Ma non me l'ero sentita e avevo deciso di graziarli». Onorato, 20 anni in Cosa nostra, è certo che politica e mafia hanno sempre convissuto. «Quale trattativa - dice - c'è stata sempre connivenza». Un esempio? Sarebbero stati non meglio precisati politici a spingere i mafiosi a mettere in giro la voce che a mettersi la bomba vicino alla casa al mare all'Addaura era stato lo stesso Falcone. «Ci era stato detto di dirlo - spiega - per indebolire Falcone».
Ma perché Onorato, che collabora da 16 anni con la giustizia, solo ora vuota il sacco? «Perché nel dire certe cose - spiega - si rischia di restare soli. Come sono io adesso. Solo e abbandonato dallo Stato».