Per liberare Quirico e Piccinin l'Italia pagò 4 milioni
BEIRUT - Quattro milioni di dollari, poco meno di tre milioni di euro, sono stati pagati dall’Italia per liberare il giornalista de La Stampa Domenico Quirico e il docente belga Pierre Piccinin rimasti prigionieri di banditi in Siria per 152 giorni e rilasciati nel settembre scorso.
BEIRUT - Quattro milioni di dollari, poco meno di tre milioni di euro, sono stati pagati dall’Italia per liberare il giornalista de La Stampa Domenico Quirico e il docente belga Pierre Piccinin rimasti prigionieri di banditi in Siria per 152 giorni e rilasciati nel settembre scorso.
La fonte della rivelazione è autorevole: il negoziatore, identificato dalla rivista americana Foreign Policy, è un membro della coalizione di oppositori siriani in esilio e afferma di aver consegnato personalmente il denaro ai rapitori in una zona frontaliera tra Libano e Siria. Da Roma per ora nessun commento alla notizia, mentre l’ambasciata d’Italia a Beirut, contattata da Foreign Policy, aveva in precedenza smentito l’informazione relativa al riscatto.
A proposito del rilascio di Quirico e Piccinin, Foreign Policy - in un pezzo titolato "The Italian job" - ha raccolto la testimonianza di Motaz Shaklab, membro della Coalizione nazionale siriana basata a Istanbul. Shaklab afferma di esser stato contattato da un amico perché intercedesse, grazie alla sua vasta rete di contatti tra i ribelli siriani, per negoziare la liberazione dei due europei, entrati in Siria dalla regione libanese di Aarsal e rapiti agli inizi di aprile nei pressi di Yabrud, nelle montagne del Qalamun.
«Ho visto i soldi con i miei occhi. Ed ero presente quando sono stati consegnati ai rapitori», afferma Shaklab, che da Beirut ha viaggiato in compagnia di un non identificato 007 italiano al confine libano-siriano per incontrare i responsabili del rapimento. Prima di raggiungere un accordo, il negoziatore racconta di un’estenuante trattativa mirata a far abbassare la cifra chiesta come riscatto: «All’inizio volevano dieci milioni per entrambi». Solo dopo cinque incontri, le pretese dei rapitori sono scese a quattro milioni. Intanto Skaklab incontrava periodicamente rappresentanti del governo italiano e una delle figlie di Quirico ad Antakia, nel sud della Turchia, poco lontana dal confine con il nord della Siria. Ma il negoziatore non sa dire, riferisce Foreign Policy, quale sia stato il ruolo del Belgio durante le trattative.
Soltanto una volta, racconta Shaklab, ha potuto incontrare fisicamente Quirico e Piccinin senza però poter rivolgere loro la parola. In quell’occasione aveva notato che le condizioni di salute del giornalista italiano andavano peggiorando. Informate di questo, afferma il negoziatore, le autorità italiane hanno dato il via libera a concludere l’accordo per la cifra di quattro milioni di dollari.
Al momento della consegna del danaro, ricorda Shaklab, i rapitori hanno però cambiato i piani, affermando che i due ostaggi sarebbero stati liberati in un’altra zona della Siria: nuove trattative e il coinvolgimento non previsto di un leader ribelle siriano hanno alla fine portato a buon fine l’operazione. Quirico e Piccinin sono stati rilasciati alla frontiera turco-siriana l’8 settembre.
Nelle mani di miliziani, in una non meglio precisata località siriana, rimane invece da luglio scorso padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita romano per decenni residente in Siria, dato qualche mese fa per morto ma senza che ci siano mai state conferme ufficiali.
La notizia del pagamento di un riscatto giunge mentre dalla Siria si apprende che un migliaio di persone sono morte in circa due settimane di aspri e inediti combattimenti tra miliziani qaidisti e insorti locali islamici. La fonte è l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), piattaforma che da anni si avvale di una fitta rete di medici e attivisti sul terreno. Ma il bilancio non è verificabile in maniera indipendente.
E mentre imperversano scontri nel nord e nel nord-est, secondo l’Ondus tra gli uccisi 608 sono ribelli, 312 sono qaidisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) e 130 civili. Un bilancio che riflette la situazione sul terreno, dove i membri dell’Isis hanno di fatto avuto finora la meglio sugli insorti locali.