Marò, resta lo spettro della pena di morte
La Corte Suprema indiana ha posto un ultimatum di due settimane al governo indiano per risolvere il «pasticcio» che blocca il processo a carico dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e che ieri ha registrato un nuovo colpo di scena con il riemergere dello spettro della pena di morte. Intanto aumenta il pressing diplomatico italiano a Bruxelles. E la questione dei marò sarà proposta anche nella consultazione politica Ue-India prevista per venerdì
La Corte Suprema indiana ha posto un ultimatum di due settimane al governo indiano per risolvere il «pasticcio» che blocca il processo a carico dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e che ieri ha registrato un nuovo colpo di scena con il riemergere dello spettro della pena di morte. Intanto aumenta il pressing diplomatico italiano a Bruxelles. E la questione dei marò sarà proposta anche nella consultazione politica Ue-India prevista per venerdì.
Dopo aver ascoltato il ricorso del team legale guidato dall'avvocato Mukul Rohatgi che ha denunciato i gravi ritardi, il massimo organismo giudiziario ha chiesto all'avvocato dello Stato di trovare una soluzione per «riconciliare il conflitto di opinione all'interno dell'amministrazione» e, dopo aver ricevuto la rassicurazione che «farà tutto il possibile», ha rinviato l'udienza al 3 febbraio.
Nel pomeriggio, però, una fonte della Nia (la polizia anti-terrorismo che sta indagando sul caso) ha detto al «Times of India» che il ministero degli Interni ha dato il semaforo verde all'utilizzo di una legge sulla pirateria marittima in acque internazionali (il «Sua Act») nella formulazione dei capi di accusa contro i due marò.
Si tratta del draconiano provvedimento fortemente contestato dall'Italia perché contiene la pena di morte in caso di omicidio e per l'assurdità di considerare come «pirati» due militari che per conto di uno Stato stavano compiendo un servizio di antipirateria. La notizia violerebbe le promessa di New Delh sulla non applicabilità della pena capitale, ma secondo l'inviato Staffan de Mistura deve essere presa con le pinze: «Quello che fa fede è ciò che dirà la Corte Suprema».