Nozze gay, una valanga Dopo Grosseto, ecco Latina
Qualche giorno fa il Comune di Grosseto ha dovuto iscrivere nel registro civile le nozze tra due uomini, su ordine del Tribunale. Ieri il consiglio comunale di Latina ha invece deciso di chiedere al Ministro dell'Interno il via libera alla trascrizione del matrimonio di due concittadini gay, sposatisi all'Aja nel 2002. E il sindaco di Fratelli d'Italia dice: "Un bell'esempio di civiltà".
LATINA - A volte anche un auspicio può fare la differenza. È chissà che una mozione passata a maggioranza in Consiglio comunale (14 sì su 17 presenti) per chiedere al ministero dell’Interno la trascrizione del matrimonio di due concittadini gay, non finisca per aprire la strada al resto d’Italia.
E colpisce che il Comune sia quello di Latina, fondato 80 anni fa da Benito Mussolini e da sempre amministrato da sindaci di destra. Proprio come Giovanni Di Giorgi, orgogliosamente iscritto a Fratelli d’Italia: «Io sono per il matrimonio tra un uomo e una donna - premette - ma è vero che, sul piano dei diritti, Latina oggi dà una lezione di civiltà a tutti».
E a differenza dell’amministrazione di Grosseto, che ha iscritto pochi giorni fa nel registro civile del Comune le nozze tra due uomini, in questo caso non è servita l’ordinanza di un tribunale.
In realtà, pochi giorni prima dell’atto di indirizzo approvato ieri dal Consiglio comunale di Latina, Di Giorgi aveva già girato al ministero la richiesta di Antonio Garullo e Mario Ottocento, sposati all’Aja nel 2002. Insieme dal 1995, furono tra i primi italiani volati all’estero per dirsi sì. Nel 2004 chiesero all’amministrazione di Latina di riconoscere quell’«emozione fortissima» vissuta in Olanda con parenti e amici, e di trascriverla nel registro delle unioni civili. Ma il Viminale disse no: «Impossibile perché nel nostro ordinamento non è previsto il matrimonio tra soggetti dello stesso sesso in quanto contrario all’ordine pubblico ai sensi dell’articolo 18 del decreto del presidente della Repubblica 396/2000».
Mario e Antonio non si sono fermati e quando due anni fa la sentenza della Cassazione ha «rivoluzionato» la questione, negando l’argomentazione dell’articolo 18, si sono rivolti alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Nel frattempo è arrivato il precedente di Grosseto e la tentazione è stata forte: «Riproviamoci», hanno pensato.
In aggiunta alla loro richiesta un consigliere del Pd, Giorgio De Marchis, ha presentato all’aula una mozione, discussa per ore. «Certo, non era un passaggio necessario - ammette il sindaco di Latina - ma l’auspicio dell’amministrazione c’era già stato concretamente con la mia richiesta pochi giorni prima». Di Giorgi resta sorpreso da un atto che ha riempito le prime pagine dei giornali locali anche perché, sottolinea, «è una questione di diritti, non di colore politico».
Insomma, la destra dà una lezione ai Comuni di sinistra? «Non credo - risponde Di Giorgi - ma sono sicuro di aver dato un bell’esempio di civiltà». Ancora più soddisfatti i due sposi. «Qui è stata scritta una pagina significativa per i diritti», dicono. E ora mandano un messaggio al governo Renzi: «Bisogna avere il coraggio di vedere la società per quello che è oggi e rendersi conto che le persone soffrono in mancanza di diritti». (ANSA)