Europee: il boom di Renzi, in Trentino Pd al 42,36%
Il Pd stravince le elezioni europee, con una forbice su M5s non immaginabile prima delle urne (Grillo: abbiamo perso, ma siamo lì); Forza Italia non raggiunge la soglia del 20% mentre Ncd di Angelino Alfano supera quella del 4%, anche se di poco. L'altro dato è che nonostante l'avanzata dei movimenti euroscettici (M5s, Fdi e Lega), la maggior parte degli elettori hanno sostenuto partiti a favore dell'Ue. In Trentino affluenza definitiva al 53,05% (nel 2009 fu del 57,54%). Anche in provincia vince il Pd: a Trento 49,1% (M5S 14,7, Forza Italia 8,9). Nel video l'analisi del direttore dell'Adige, Pierangelo Giovanetti TUTTI I DATI E LE PREFERENZE Risultati Elezioni Trentino - Comune per Comune
TRENTINO
In Trentino affluenza definitiva al 53,05% (nel 2009 fu del 57,54%). Anche in provincia vince il Pd: a Trento 49,1% (M5S 14,7, Forza Italia 8,9).
Trentino definitivo: Pd 42,35% M5S 15,45% Svp 12,02% Fi 10,14% Ln 8,98% Tsipras 3,83% Ncd 2,35% Fdi 2,26% Verdi 1,55%
Il Pd quasi raddoppia (dal 22,06% al 42,35%) e i Cinquestelle quasi triplicano (dal 5,85% al 15,45%) le percentuali in Trentino. Crescono i leghisti, ma stavolta sono cogli altoatesini Freiheitlichen (dal 6,22% al 8,98%), Forza Italia ottiene più del doppio (dal 4,42% al 10,14%), Ncd ha il 2,35%. Questo il raffronto se i dati di queste europee si confrontano con le provinciali del 27 ottobre del 2013. Non tanto diverso per il Pd il confronto con le europee del 2009, quando era al 27,87%, mentre sono diversi i raffronti per il Pdl, che alle precedenti europee era al 26,21%, e per la Lega Nord, che era al 14,84%. Risultato del 12,02% per la Svp, per l'appoggio al candidato altoatesino. A crescere è anche l'astensione: 53,10% di votanti, a fronte del 57,54% delle precedenti europee, del 62,82% delle provinciali, del 73,13% delle politiche del 2008 e dell'80,04% di quelle del 2013. In Trentino dunque le europee hanno consegnato al Pd una percentuale oltre quello che sembra profilarsi il risultato nazionale. Resta così il primo partito in Trentino, dopo che alle provinciali del 27 ottobre 2013, causa liti interne, aveva consegnato al Patt le primarie di coalizione e fatto quindi prevalere il candidato del Patt, Ugo Rossi, attuale presidente della Provincia autonoma.
TUTTE LE PREFERENZE
Voti di preferenza per i candidati trentini alle elezioni europee sostenuti dalle diverse liste: Andrea Pradi (Pd) 24.523, Cristiano Zanella (M5s) 13.028, Walter Ferrazza (Fi) 5.308, Erminio Enzo Boso (Ln-Freiheit.) 3.363, Nicola Giuliano (Ncd) 1.260, Manfred de Eccher (Fdi-An) 1.629, Lorena Torresani (Svp) 1.624, Marco Boato (Verdi-Green) 2.656, Alessandra Betta (Idv) 228.
Ecco i dati della regione:
GLI ELETTI
Ecco tutti i nomi dei 73 eletti per l’Italia al Parlamento europeo
CIRCOSCRIZIONE NORD-OCCIDENTALE
PD: Alessia Maria Mosca, Sergio Cofferati, Gaetano Sergio, Mercedes Bresso, Patrizia Toia, Francesca Ferma, Pierantonio Panzeri, Antonio Detto, Renata Briano, Luigi Morgano, Brando Maria Benifei, Daniele Viotti
M5S: Tiziana Beghin, Marco Valli, Eleonora Evi, Marco Zanni
FI: Giovanni Toti, Lara Comi, Alberto Cirio
LEGA: Matteo Salvini, Gianluca Buonanno
TSIPRAS: Moni Ovadia
NCD: Maurizio Lupi
CIRCOSCRIZIONE NORDORIENTALE
PD: Alessandra Moretti, Flavio Zanonato, Cecile Kyenge, Paolo De Castro, Isabella De Monte, Elly Schlein
SVP: Herbert Dorfmann
M5S: David Borrelli, Mario Affronte, Giulia Gibertoni
FI: Elisabetta Gardini, Remo Sernagiotto
LEGA: Matteo Salvini, Flavio Tosi
CIRCOSCRIZIONE CENTRALE
PD: Simona Bonafè, David Sassoli, Enrico Gasbarra, Goffredo Bettini, Nicola Danti, Silvia Costa, Roberto Gualtieri
M5S: Laura Agea, Francesco Maria Castaldo, Dario Tamburrano
FI: Antonio Tajani, Alessandra Mussolini
TSIPRAS: Barbara Spinelli
LEGA: Matteo Salvini
CIRCOSCRIZIONE MERIDIONALE
PD: Gianni Pittella, Pina Picierno, Elena Gentile, Massimo Paolucci, Andrea Cozzolino, Nicola Caputo
M5S: Isabella Adinolfi, Laura Ferrara, Rosa D’Amato, Daniela Aiuto, Piernicola Pedicini
FI: Raffaele Fitto, Aldo Patriciello, Fulvio Martusciello, Barbara Matera
NCD: Lorenzo Cesa
TSIPRAS: Barbara Spinelli
CIRCOSCRIZIONE ISOLE
PD: Renato Soru, Caterina Chinnici, Michela Giuffrida
M5S: Ignazio Corrao, Giulia Moi
FI: Salvo Pogliese, Salvatore Cicu
NCD: Giovanni La Via
ITALIA
Il Pd stravince le elezioni europee, con una forbice su M5s non immaginabile prima delle urne; Forza Italia non raggiunge la soglia del 20% mentre Ncd di Angelino Alfano supera quella del 4%, anche se di poco. L'altro dato è che nonostante l'avanzata dei movimenti euroscettici (M5s, Fdi e Lega), la maggior parte degli elettori hanno sostenuto partiti a favore dell'Ue. Stando agli Exit poll della Emg realizzati per La7, il Pd ottiene il 34,5%, M5S il 25,5% e Fi il 17,0%. Ma le proiezioni dopo i primi seggi scrutinati danno dei risultati ancora più clamorosi, con il Pd addirittura oltre 40%, i Cinque stelle ridimensionati al 22% e Fi scivolata al 15%. Sotto le due cifre tutte gli altri partiti: Lega Nord al 6,5%, la Lista Tsipras al 4,5%, Ncd al 4,5% e FdI al 3,5%, Scelta europea 1,1%.
Ma una frazione di punto separa il paradiso dall'inferno: chi supererà il 4% manderà a Strasburgo 3-4 deputati, chi non la raggiungerà rimarrà a bocca asciutta. I risultati hanno innanzitutto un valore in sede europea ma anche un significato sulla politica nazionale. Sul primo versante il Pd sarà la prima delegazione all'interno del Pse, potendo così spingere sull'abbandono del rigore per puntare a politiche di sviluppo, per altro ampiamente condivise tra i socialisti. Viceversa Fi si vedrà assai ridimensionata dentro il Ppe. Grillo poi, che potrebbe mandare in Europa una ventina di deputati, dovrà finalmente dire quello che non ha finora detto: in quale gruppo si collocherà e per quale candidato alla presidenza della Commissione voterà. Per quanto riguarda i riflessi sulla politica interna, l'aspettativa creata da Grillo di una vittoria di M5s è andata delusa. Avendo posto l'asticella molto in alto Grillo perde nonostante un buon 22%. Il risultato invece consegna una vittoria del Pd del premier Renzi che ricorda non tanto i numeri della sinistra (il Pci nel 1976 giunse al 34,4) bensì quelli della Dc degli anni 80(appunto oltre il 40%), o comunque da grande partito europeo, come quelli di Forza Italia nel 2001 o nel 2008.
"Abbiamo vinto noi. Un risultato straordinario - ha detto il vicesegretario Lorenzo Guerrini - Viene premiato il lavoro del governo, e i risultati ci danno un'ulteriore spinta a fare le riforme". Ma non sono andati bene gli altri partiti di governo, con Ncd che "balla" sulla soglia del 4% (Scelta civica addirittura all'1,3%). Ciò potrebbe significare che il profilo non di sinistra di Renzi sarà in grado di rubare elettori anche ai partiti moderati alleati del Pd, creando una "competition" pericolosa all'interno della maggioranza. Questo potrebbe creare fibrillazioni dentro la stessa maggioranza sulle riforme, tanto costituzionali che economiche; i contrasti sul decreto lavoro visti prima delle urne si moltiplicherebbero su altri provvedimenti, come ha fatto capire Fabrizio Cicchitto (Ncd). Con un Pd che da solo va oltre il 40%, poi, l'Italicum sembra essere destinato a non avere più i voti degli altri partiti. Infine Forza Italia, inchiodata al suo minimo storico: Berlusconi nelle ultime settimane ha addirittura ipotizzato uno suo ritorno al governo. Ma con le riforme si è visto che c'è una componente favorevole alla rottura e a una politica di forte opposizione a Renzi. Tutto dipenderà dalla capacità di Berlusconi di reimporre la propria leadership e di lanciare un nuovo progetto per il centrodestra, che inevitabilmente guarda a recuperare il rapporto con Ncd.
EUROPA
Terremoto in Francia e nel Regno Unito, dove i governi sono pesantemente battuti dal Front National di Marine Le Pen e dall'Ukip di Nigel Farage, ma l'Unione europea non crolla. Nelle prime proiezioni del Parlamento europeo basate sui risultati disponibili, lo tsunami euroscettico è meno violento del previsto. Non solo per il risultato italiano, che sembra premiare il Pd molto al di là delle previsioni. Persino l'affluenza "inverte la tendenza" per la prima volta in dal 1979: era sempre calata, stavolta si attesta al 43,1% su base europea, appena lo 0,1% in più rispetto al 2009, ma è considerato un segnale positivo. I sondaggi indicavano la possibilità che gli euroscettici arrivassero abbondantemente oltre il 25%, sarebbero invece sotto il 20%.
E mentre a Bruxelles arrivano i primi dati reali dai 28 paesi dell'Unione, sembra confermato che i 'popolari' del Ppe, che hanno guidato l'Europa negli ultimi dieci anni, pur perdendo una sessantina di seggi restano la 'famiglia politica' di maggioranza relativa. E che i socialisti dello S&D, cresciuti in Germania e Italia, pagherebbero il crollo a Parigi. Il risultato del Front National è però quello che sciocca. E' il primo ministro Valls a parlare di "terremoto". Marine Le Pen arriva a chiedere al presidente Hollande di sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni. L'inquilino dell'Eliseo risponde convocando per le 8.30 una riunione di crisi. Da Londra arrivano reazioni più composte, ma è proprio il leader dell'Ukip a sottolineare che il suo è un risultato storico: "Non era mai successo che un 'outsider' vincesse un'elezione in Gran Bretagna". Ed il vero sconfitto, in questo caso, è proprio il premier David Cameron, che l'Unione europea vorrebbe rifondarla. Mentre Le Pen e Farage festeggiano, cominciano però i preparativi per la "grosse koalition" tra socialisti e democristiani che dovrà guidare l'Europa nei prossimi cinque anni. E mentre tutti avvertono che i risultati sono ancora troppo provvisori per poter essere interpretati nel dettaglio, già parte la sfida tra Jean Claude Juncker e Martin Schulz per la presidenza della Commissione.
Ma intanto è evidente il sospiro di sollievo di chi temeva il peggio sul risultato euroscettico. Fanno male i risultati di Francia e Gran Bretagna, però sorprende che la tendenza non sia generalizzata. Il Pvv che in Olanda puntava al primato resta al terzo posto. In Austria il Fpo raddoppia i suoi seggi europei, ma in realtà l'area euroscettica cala complessivamente di un terzo. C'è "una larghissima maggioranza" europeista, sottolineano praticamente tutti i leader che si alternano sul palco tinto di 'azzurro Europa' montato al centro dell'emiciclo di Bruxelles, dal francese Joseph Daul presidente del Ppe, al lib-dem Guy Verhofstadt e allo stesso Martin Schulz.
Jean Claude Juncker, pensando alla trattativa che comincerà da martedì, annuncia che "il Ppe è il primo partito e non si metterà in ginocchio" davanti ai socialisti per avere l'indispensabile appoggio alla sua candidatura. D'altro canto lo stesso Schulz afferma che cercherà una maggioranza che lo sosterrà, ma in realtà traspare l'idea di costruire una "grosse koalition" alla tedesca: con guida popolare, ma punti di programma concordati con i socialisti.
Tanto che il socialdemocratico tedesco elenca, già dal palco dei primi commenti, le tre condizioni necessarie: lotta contro la disoccupazione giovanile, guerra all'evasione fiscale, più controlli sulle banche. "Siamo pronti a negoziare su queste basi", afferma il tedesco. Il democristiano lussemburghese poi mette in guardia il Consiglio dalla tentazione di sfruttare lo stallo tra Ppe e S&Dper rilanciare la proposta di un candidato dei leader diverso da quei cinque che hanno messo la faccia nella campagna elettorale. "Bisogna rispettare gli elettori", dice Juncker. Mentre Schulz sottolinea la vera novità di queste europee: "Per la prima volta c'è la possibilità che il presidente della Commissione europea non sia scelto con un accordo nel retrobottega".