Veneto, una nuova Tangentopoli Che botta per la Valdastico Nord

La bufera giudiziaria che ha investito il Veneto, travolgendo un’intera classe politica come non succedeva dai tempi di Tangentopoli, rischia di farsi sentire, anche indirettamente, dalle nostre parti. E non, o non solo, per eventuali protagonisti trentini coinvolti dallo scandalo, ma soprattutto per l’inevitabile rallentamento di un progetto che ai veneti sta da sempre molto a cuore e che invece in Trentino ha trovato le porte chiuse, se non sbarrate. Stiamo parlando, ovviamente, della Valdastico. Uno dei suoi più influenti sponsor, l'assessore regionale alla mobilità e ai trasporti Renato Chisso, è infatti finito in manette, con l'accusa di corruzione contro i doveri d'ufficioI tuoi commenti

di Renzo Moser

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La bufera giudiziaria che ha investito il Veneto, travolgendo un’intera classe politica come non succedeva dai tempi di Tangentopoli, rischia di farsi sentire, anche indirettamente, dalle nostre parti. E non, o non solo, per eventuali protagonisti trentini coinvolti dallo scandalo, ma soprattutto per l’inevitabile rallentamento di un progetto che ai veneti sta da sempre molto a cuore e che invece in Trentino ha trovato le porte chiuse, se non sbarrate. Stiamo parlando, ovviamente, della Valdastico.

 

Il completamento del tratto Nord della A31, che dovrebbe collegare Piovene Rocchette con l’Autostrada del Brennero nei pressi di Besenello, è da sempre uno dei temi in cima all’agenda di Renato Chisso, l’assessore alla mobilità e ai trasporti della Regione Veneto. Fu proprio Chisso,poche settimane fa, al termine di un vertice romano con il ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi e al quale prese parte anche il presidente trentino Ugo Rossi, a ribadire che «per il Veneto, ma credo per tutta l’economia interessata ad un migliore collegamento con la Baviera e il cuore dell’Europa, il completamento della Valdastico non è un optional ma un obiettivo da perseguire. Bene la proposta e i tempi dati dal ministro Lupi per ottimizzare le modalità di completamento della Valdastico a Nord».


Ma lo stesso Chisso, adesso, avrà altro a cui pensare. Il suo nome rientra infatti tra i 35 arrestati nell’ambito dello scandalo Mose. Non solo: con lui sono finiti nei guai anche alcuni suoi stretti collaboratori all’assessorato regionale, e gli uffici sono stati perquisiti dalla Guardia di Finanza. Non a caso il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha disposto il ritiro delle deleghe all'assessore Chisso e firmato i provvedimenti di sospensione dei tre dipendenti della Regione coinvolti nell'inchiesta sul Mose, che verranno messi a metà stipendio, senza ricoprire più le proprie funzioni. La Valdastico, insomma, sembra perdere uno dei suoi sponsor più autorevoli e l'iter del progetto, che peraltro difficilmente potrebbe procedere senza il via libera della Provincia Autonoma di Trento, non potrà che risentirne.

 

Tra gli indagati figura anche Giancarlo Galan, ex presidente della Regione ed ex ministro, al quale viene contestata l'accusa di aver ricevuto fondi illeciti per almeno 800mila euro dal Consorzio Venezia Nuova (Cvn) nell'ambito delle opere del Mose. Le dazioni, da fondi neri realizzati dal Consorzio e dalle società che agivano in esso, risalirebbero agli anni tra il 2005 e il 2008 e il 2012. Secondo quanto riportato dall'agenzia Ansa, i fondi all'assessore regionale Chisso sarebbero stati dati tramite la segreteria, circostanza che ha portato il politico agli arresti in carcere. Il denaro sarebbe poi stato trasferito a Galan. Il reato contestato a Galan, Chisso e a un paio di funzionari della Regione è quello di corruzione contro i doveri d'ufficio.

 

L'assessore Chisso, si legge nell'ordinanza del gip Alberto Scaramuzza, «dalla fine degli anni '90 sino ai primi mesi del 2013, per compiere o aver compiuto atti contrari ai suoi doveri» avrebbe ricevuto da Giovanni Mazzacurati, presidente del Consorzio Venezia Nuova, «uno stipendio annuale oscillante tra i 200.000 e i 250.000 euro». Nell'ordinanza è scritto anche che Mazzacurati avrebbe concordato con i componenti del Consorzio il versamento della presunta tangente sotto forma di «stipendio» annuale, in cambio di nulla osta regionali per i lavori. Inoltre Chisso è indagato con Galan per corruzione in concorso con Paolo Venuti, Danilo Turato, Dario Lugato, Enzo Casarin, Piergiorgio Baita (ex manager della Mantovani), Mazzacurati, Claudia Minutillo, Nicolò Buson e Federico Sutto, perché «al fine di agevolare l'iter procedimentale dei project financing presentati da Adria Insfrastrutture spa, accelerando le procedure di approvazione, fornendo informazioni riservate e
inserendo nelle posizioni chiave della struttura organizzativa regionale persone a loro legate e di gradimento ai vertici di Adria e del gruppo Mantovani, ricevevano denaro e partecipazioni societarie»

 

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