Un magnifico gatto selvatico nel Parco Dolomiti bellunesi

L'avvistamento di gatti selvatici sulle Dolomiti non è cosa di tutti i giorni: il Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi ieri ha diffuso un video che immortala il parente «ribelle» dei nostri micini grazie a una fototrappola, nella zona del torrente Maè, tra valle di Zoldo e Longaronese, all'estremità orientale della vasta area protetta che a occidente arriva fino al confine con il Trentino

di Redazione Web

L'avvistamento di gatti selvatici sulle Dolomiti non è cosa di tutti i giorni: il Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi ieri ha diffuso un video che immortala il parente «ribelle» dei nostri micini grazie a una fototrappola, nella zona del torrente Maè, tra valle di Zoldo e Longaronese, all'estremità orientale della vasta area protetta che a occidente arriva fino al confine con il Trentino.

 

 

Questi monitoraggi nella wilderness bellunese sono legati a un progetto finanziato dal ministero dell'Ambiente, grazie al quale il Parco delle Dolomiti ha avviato uno studio specifico sulla presenza e distribuzione dei piccoli carnivori (martora, donnola, faina, ermellino) nell'area protetta.

La ricerca aveva anche l'obiettivo appunto di verificare l'eventuale presenza del gatto selvatico, «specie mai segnalata fino ad oggi nel Parco», si legge in un comunicato.

 

Lo studio è stato affidato ai ricercatori e collaboratori del Museo di storia naturale di Venezia, che hanno installato nei boschi del Parco numerose fototrappole: dispositivi elettronici dotati di sensori che, al passaggio degli animali, scattano fotografie e registrano filmati.

 

«Nel video - spiega il Parco - compare un magnifico esemplare di gatto selvatico. Il dato è di estremo interesse scientifico: si tratta infatti solo della terza segnalazione di questa specie in Veneto, la prima in provincia di Belluno.

Le precedenti risalgono al lontano 1983 (esemplare abbattuto sul monte Millifret, nel settore trevigiano della foresta del Cansiglio) e al 2002 (esemplare investito nei pressi di Vittorio Veneto, Treviso)».

 

Nella nota stampa, pubblicata nel sito del Parco, si illustrano sinteticamente anche le caratteristiche di questo animale selvatico: «Il gatto selvatico, in Italia, è presente lungo la catena appenninica, in Sicilia, sul Gargano e in Maremma. A nord è presente solo alle due estremità opposte dell'arco alpino: nelle Alpi Liguri e Marittime ad ovest, e sulle montagne friulane ad est.

Animale molto elusivo, di abitudini notturne, vive nei boschi a prevalenza di latifoglie, a quote inferiori ai 1500 metri.
Si nutre in prevalenza di piccoli mammiferi, ma preda anche anfibi, pesci, grossi insetti.
La sua presenza, come quella di tutti i carnivori, animali all'apice delle catene alimentari, testimonia l'elevata qualita' degli ambienti naturali».

 

Il direttore del Parco, Antonio Andrich, ha definito «di grande rilievo scientifico» l'avvistamento, «che corona un lavoro di ricerca durato due anni».

Andrich ha ringraziato i ricercatori del Museo di storia naturale, il ministero e il personale del Corpo forestale dello Stato, «che è sempre parte attiva e fondamentale in tutti i progetti di ricerca realizzati dal Parco».

 

Il presidente del Parco, Benedetto Fiori, ha ricordato che questo risultato «va ad aggiungersi a quelli, recenti ed altrettanto significativi, degli scavi archeologici in Busa delle Vette», proprio lungo il confine montuoso con il Primiero.

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