Consulta, regge l'intesa Pd-M5S: eletta Sciarra e Forza Italia resta al palo
Alla ventunesima votazione un risultato il Parlamento lo raggiunge. Ma solo a metà. Alla Corte costituzionale, viene eletta la candidata dem Silvana Sciarra con 630 sì (60 in più dei 570 previsti dal quorum), e al Csm, Alessio Zaccaria, indicato dal M5S, con 537 voti (88 in più dei 449 richiesti). Bocciata invece, non solo per il venir meno dei voti cinquestelle, Stefania Bariatti, proposta da Forza Italia per la Consulta. A lei sono arrivati solo 493 preferenze (77 in meno dei necessari). L'intesa fra M5S e Pd ha modificato lo scenario politico e lo stesso Matteo Renzi, oggi, parlando all'assemblea dell'associazione dei Comuni (ANci) ha detto che "il patto del Nazareno scricchiola".
Soddisfatti i presidenti delle Camere, Pietro Grasso e Laura Boldrini, che parlano di "senso di responsabilità" e di "capacità di ascolto" da parte del Parlamento.
Esultano i Cinque Stelle, Beppe Grillo in testa. "Noi facciamo quello che diciamo. Per la prima volta nella storia, dalla rete alle istituzioni: il M5s sblocca il Parlamento", è il commento del leader su twitter.
Oggi, osserva invece il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, ha vinto il "metodo Cinque stelle", cioè quello dell'accordo politico "alla luce del sole".
Non è certo il "cappotto" che speravamo, si commenta tra i Dem, ma "è comunque un passo avanti" e la prossima volta, assicura Ettore Rosato che per il Pd si è occupato da vicino della trattativa, "dovrà essere sempre Fi ad indicare il suo nome per la Consulta". Nome che potrebbe essere di nuovo quello della Bariatti "visto che comunque ha raccolto 493 voti che non sono pochi... ma toccherà sempre a loro decidere".
Ma se Pd e M5S guardano con favore al voto di oggi, Forza Italia sembra uscirne con le ossa rotte.
Per la 21esima volta non riesce ad eleggere il suo candidato, quello che viene indicato dal vertice del partito. E ora "è anche peggio - sottolineano alcuni azzurri al Senato - perché non si può pensare che la mattina ci propongono un nome che nessuno conosce, senza consultarci minimamente prima e noi siamo lì a votarlo tutti come un sol uomo". In più, alcuni, per giustificare le 45 assenze tra i forzisti (30 deputati e 15 senatori), danno la colpa anche al maltempo. "Se Berlusconi ha disdetto la riunione temendo la "bomba d'acqua" prevista su Roma è chiaro che molti di noi se ne sono andati a casa invece di rimanere qui...".
Maltempo a parte, il partito di Berlusconi sembra sempre più diviso. Come dimostra l'esito della telefonata che Denis Verdini avrebbe fatto ai capigruppo in vista del voto di oggi per Consulta e Csm. Secondo quanto si apprende, Paolo Romani avrebbe detto ok alla candidatura della Bariatti, anche se molti senatori alla fine hanno deciso di disertare "le urne". Mentre Renato Brunetta, dopo aver difeso a spada tratta i suoi candidati, che erano, Giovanni Guzzetta e, ora, Marzia Ferraioli, avrebbe rivendicato il suo ruolo di capogruppo chiedendo di venire consultato prima che si prendano decisioni. Nessuno, insomma, è la sintesi dei commenti forzisti, sarebbe più disposto a digerire con serenità "decisioni calate dall'alto".
Serve un "maggior coinvolgimento" è il mantra degli azzurri.
"La verità - dice ancora Rosato - è che quando c'è coesione tra le forze politiche si raggiunge un quorum altissimo e il Pd in questo ha fatto la sua parte più di ogni altro.
Su questa vicenda poi i Cinque Stelle hanno dimostrato disponibilità a lavorare insieme e hanno visto eleggere il proprio candidato al Csm". Ma Forza Italia "dorma sonni tranquilli", rassicura Nicola Morra (M5S), perchè quella di oggi "è solo la democrazia". Il movimento "non entrerà mai nel governo Renzi". Nel caso in cui qualcuno temesse per la legge elettorale.
L'accordo con il Pd su Consulta e Csm, dunque, regge e il M5s esulta: è una "vittoria storica del Movimento". Perchè, ci tiene a sottolineare Beppe Grillo: "noi facciamo quello che diciamo!".
Il plauso è trasversale. Arriva dalla base che lo promuove a stragrande maggioranza. Arriva dai parlamentari ortodossi così come dai dissidenti: ognuno con motivazioni diverse.
Per i primi la vittoria sta nel fatto di aver imposto il "metodo 5 stelle, trasparente e anti-inciuci". Per i secondi è la dimostrazione che la linea del dialogo con le altre forze politiche porta a risultati: un fatto non da poco anche perché arriva giusto a ridosso del voto congiunto Pd-M5s sulla responsabilità dei magistrati che ha scatenato la bufera politica.
"Era ora" commenta il dialogante Tancredi Turco. "Si poteva fare già nel 2013", si rammarica Ivan Catalano uscito dal movimento proprio per questa divergenza di linea. Per il M5s, insomma, quella di oggi è una novità che ha ancora più valore perchè sull'accordo arriva il via libera della base del Movimento. L'88% degli iscritti che ha votato si è espresso a favore della nomina della candidata del Pd alla Corte costituzionale. Un fatto non da poco perchè dai primi commenti apparsi sul blog di Beppe Grillo sembrava proprio che la consultazione dovesse avere esito negativo: in molti, contrari, avevano scritto per protestare e tanti altri avevano annunciato che si sarebbero astenuti.
Un dato non contraddetto dai numeri della consultazione: gli iscritti certificati che hanno partecipato sono stati solo 17.746, meno di quanti si sono espressi in altri sondaggi.
Il sì però ha prevalso a larghissima maggioranza, e ora il fatto politico rimane. Tanto che deputati e senatori del Movimento arrivano a scrivere sul blog di Grillo che dopo il voto di oggi "il patto del Nazareno affonda".
Renzi e Napolitano "ne prendano atto" e "la smettano di giocare con la legge elettorale, la Costituzione e abbandonino larghe intese e gli indicibili accordi segreti". I Cinque Stelle, insomma, hanno la chance di mettersi di traverso e complicare la vita degli 'alleatì del premier, da Fi e Ncd, ricavandone un bottino tutto politico.
E questo anche se il senatore Nicola Morra tranquillizza l'Ncd: "Sacconi stai sereno", gli manda a dire per poi chiarire anche con la base: "tranquilli, il M5S non entrerà mai nel governo Renzi".
Morra non dice, però, che lo spazio di trattativa tra il Pd e il M5s sembra allargarsi. Sulla legge di stabilità, ad esempio, è andato in onda un'altro sgambetto all'Ncd, complice il M5s, che ha fatto infuriare Nunzia di Girolamo. O sulla legge elettorale. Mentre resta l'incognita di come andrà a finire l'elezione del secondo giudice laico alla Consulta: oggi la candidata Fi non ce l'ha fatta. E i 'grillinì hanno di nuovo esultato: "È fallito il blitz di Forza Italia per nominare alla Consulta un nome impresentabile".
La pausa di riflessione chiesta da Silvio Berlusconi al pressing di Matteo Renzi sulle modifiche alla legge elettorale non sembra, almeno per il momento, produrre dei risultati.
Mai come questa volta l'ex premier si trova di fronte ad un bivio: dar retta a chi gli dice di "rompere" l'accordo, ridare a Fi una collocazione precisa all'opposizione e sfidare il leader del Pd a trovare i numeri per andare avanti con le riforme; oppure, proseguire nelle trattative con il Pd, dar vita ad un nuovo accordo per evitare di finire ai margini ed essere irrilevante.
Una scelta non facile per il Cavaliere che ha come primo effetto quello di mandare totalmente allo sbando il partito.
La dimostrazione delle difficoltà di Berlusconi sono rappresentate nella fotografia del voto sui componenti della Corte Costituzionale. Nonostante l'accordo raggiunto sul terzetto dei nomi, ad essere eletti sono solo solo due: uno di area Pd e l'altro proposto dai Cinque Stelle. Un segnale diretto ad Arcore da chi non accetta più che gli accordi si facciano senza consultare prima il partito. Il niet al candidato azzurro, poi, rappresenta un altro colpo diretto a mettere in discussione il Patto del Nazareno con il rischio che il Pd apra veramente ad intese con altre forze politiche.
Ed è proprio questa la paura di Denis Verdini che, fino allo sfinimento, ha cercato di convincere ieri l'ex premier a correggere il tiro con Renzi.
L'ex coordinatore azzurro, sponsor sin dalla prima ora dell'intesa con Renzi, è ora nel mirino di diversi azzurri, anche del cerchio magico, convinti che sia lui il "colpevole" delle difficoltà in cui si trova Fi.
Accuse, tentativi di spallata, che non impensieriscono il diretto interessato, abituato da anni ad essere il bersaglio dentro Fi. Anzi, di fronte all'ipotesi di una sua sostituzione come mediatore ed interlocutore di Renzi, il senatore azzurro replica con una battuta: "Io non ho concorrenti, lascio il posto a chi lo vuole... naturalmente tranne che a casa mia".
Insomma un messaggio chiaro a chi vorrebbe accreditarsi a palazzo Chigi al suo posto, ruolo difficilmente rimpiazzabile visti anche i rapporti personali (frutto delle comuni origini toscane) con il leader Pd. Nonostante la guerra interna, Verdini in linea anche con Gianni Letta ed il volere dei vertici Mediaset, continua ad incalzare l'ex premier affinchè tenga fede agli accordi: se rompiamo con Renzi, siamo finiti. Diventiamo ininfluenti su tutto. Matteo cambierà la legge con Ncd e con i Cinque stelle.
Un invito dunque a guardare oltre le riforme e continuare a trattare per evitare una legge elettorale non solo con il premio di lista ma anche con uno sbarramento al 2% (Renzi lo ha detto chiaro al Cavaliere) che porterebbe, in base agli attuali sondaggi, Forza Italia a doversi spartire i seggi dell'opposizione con molti altri piccoli partiti.
Fosse per il Cavaliere non ci sarebbe nemmeno da discutere. Che l'ex premier non voglia venire meno agli accordi è nei fatti, il problema però è che questa volta la situazione per il Cavaliere non è così semplice.
Il rischio di non controllare più i gruppi e l'ammutinamento sulle votazioni per la Consulta, sono un segnale da non sottovalutare. Ed è per questo che chi, anche nel cerchio magico, non la pensa come Verdini lo spinge a rompere gli indugi: facendo un'opposizione più dura saliamo nei sondaggi, Renzi andrà a votare con il Consultellum e noi saremo ancora determinanti. Un ragionamento però che cozza con un piccolo dettaglio: le preferenze. Fumo negli occhi per l'ex premier. Qualcosa di più chiaro si capirà nella riunione dei gruppi azzurri in programma giovedì da cui dovrebbe uscire la linea ufficiale con cui tornare a discutere con Renzi.