Renzi insiste sulla legge elettorale, ma la strada è in salita
Con le riforme costituzionali o si va avanti «o rischiamo di azzerare tutto». Parola di Matteo Renzi nella replica finale, poco fa, alla direzione del Pd. «E l’esercizio che riannoda sempre i fili - ha aggiunto il segretario premier - e riporta sempre al punto di partenza».
Sulla legge elettorale «è impensabile riaprire i punti già condivisi da noi, Ncd, Scelta civica e per il 90 per cento da Fi. Questo è il meraviglioso patto del Nazareno Il Patto del Nazareno è l’unico modo civile per poter stare dentro un Paese. Le regole si scrivono insieme, le leggi elettorali non si fanno da soli», ha detto anzora Renzi.
La direzione ha approvato infine un ordine del giorno (la minoranza non ha votato) che invita «ad andare avanti senza indugio» con le riforme, costituzionale ed elettorale.
Ma il premier è sempre incalzato dalla minoranza di sinistra del Pd, in vista degli imminenti passaggi di leggei importanti (come il Jobs Act) al Senato, dove gli equilibri numerici sono assai labili pe ril governo.
«Faccio fatica a capire che senso ha un ordine del giorno sui tempi delle riforme quando non è chiaro il contesto politico. Con chi le facciamo le riforme? Domani i parlamentari in commissione possono votare o no per il superamento liste bloccate. Vanno chiariti gli interlocutori», ha detto l’ex viceminsitro all’economia Stefano Fassina, ribadendo la richiesta giunta in direzione da tutti gli esponenti della minoranza in merito ai contenuti della riforme della legge elettorale e allo stato dell’arte del Patto del Nazareno.
Il nuovo affondo di Renzi, insomma, non placa i malumori della minoranza. O, almeno, di una parte di essa.
Perché se ieri, in una riunione con il capogruppo Roberto Speranza e 70 deputati, Area riformista ha ribadito una linea di netta autonomia dall’imprinting renziano ma di assoluta responsabilità rispetto a un governo targato Pd, le aree vicino a Gianni Cuperlo o Pippo Civati, domani torneranno alla carica.
Con lo stesso Fassina che ribadisce la richiesta di un referendum sulle politiche di Renzi tra i circoli Pd che potrebbe creare più di un grattacapo al premier-segretario.
Frattanto da Forza Italia arrivano nuovi siluri al premier, dopo la sterzata di Silvio Berlusconi e la presa di distanza dalla concordia con Renzi, una svolta palesatasi all’indomani del flop elettgorale forzista in Emilia e concretatasi fra l'altro nella richiesta di procedere prima con la elezione del successore di Giorgio Napolitano al Quirinale (il Cavaliere fa o secondo alcuni «brucia» il nome di Giuliano Amato) e poi di passare alla nuova legge elettorale, vale a dire il contrario di ciò che vuole il premier.
«Proprio nel giorno in cui l’Istat conferma l’andamento negativo dell’economia, è sorprendente che il presidente del consiglio convochi il suo partito per accelerare sulla legge elettorale.
La fretta di Renzi sulla legge elettorale è ormai tanto evidente quanto sospetta.
Ma la legge elettorale non è una priorità degli italiani, che attendono non una campagna elettorale permanente, ma crescita e meno tasse. A meno che qualcuno non pensi che gli italiani mangino pane e Italicum...», ha rilevato l’europarlamentare Raffaele Fitto, figura di primo piano fra i politici azzurri che propongono una linea di smarcamento dal Patto del nazareno.
E ieri sera un invito indiretto alal calma è giunto direttamente dal Quirinale, con una nota in cui si precisa che il presidente Napolitano non si dimetterà prima della fine dell'anno.
Per parte sua, il movimento Cinque stelle risponde a chi, nel partito democratico, ha evocato la possibilità di un accordo sul Quirinale: «A noi non interessano aperture generiche: se il Pd dovesse mai aprire al nostro metodo per l’elezione del capo dello Stato sappia che dovrebbe dire subito su chi. E molto prima dell’apertura delle urne». Lo dice il deputato M5s Danilo Toninelli che precisa: «La procedura per la selezione dei candidati alla presidenza della Repubblica non l’abbiamo ancora votata ma posso dire sin da ora che verrà fatta con il metodo Cinque stelle, in totale trasparenza. Se davvero il Pd volesse applicare il nostro metodo sarebbe già un successo del M5s. E vorrebbe anche dire che il Pd non ha alternative».