Charlie torna in edicola, in copertina Maometto: "È tutto perdonato"

I «sopravvissuti» della redazione di Charlie Hebdo non rinunciano al «diritto di essere blasfemi».

Domani una nuova sfida. Il settimanale satirico torna in edicola dopo il massacro: in copertina c'è una vignetta di Maometto. Il profeta con una lacrimuccia regge un cartello con la scritta: "Je suis Charlie". Sulla sua testa campeggia la frase: "Tout est pardonné", "È tutto perdonato". La prima è stata anticipata con un tweet dal quotidiano Liberation, che dopo l'attentato ospita la redazione del settimanale satirico.

Il numero del settimanale satirico esce in ben tre milione di copie, tradotto in 16 lingue (in Italia in edicola allegato al Fatto Quotidiano, a 2 euro destinati a un fondo per le famiglie delle vittime).

L'obiettivo resta quello di far ridere. «Spero che le copie vendute siano anche più di un milione. Questi fascisti religiosi devono capire su cosa hanno sparato». Il caporedattore Gerard Biard lo ripete più di una volta: il numero 1178 «avrà lo stesso tono di tutti quelli che abbiamo fatto fino ad oggi. Non ci saranno necrologi o spazi vuoti. Ma disegni e testi inediti».

Biard è all'11 di rue Beranger, nella sede del quotidiano Liberation, che ora, come nel 2011 quando Charlie Hebdo fu vittima di un altro attentato, gli ha aperto le porte. «Come quello che facciamo ogni settimana da oltre 20 anni - spiega il caporedattore - sarà un numero con cui cercheremo di far ridere, perché questo è quello che sappiamo fare meglio. Abbiamo iniziato a lavorarci da giovedì, all'indomani dell'attentato. Proveremo ad esprimere le nostre idee, e quando parlo di nostre idee significa di tutta la redazione, compresi quelli che non ci sono più. Sarà il giornale che la gente conosce. Avrà 16 pagine. Lo stesso che è sempre stato, e spero sarà sempre, anche se non sarà possibile ignorare 17 morti».

Davanti alla redazione, dove l'ingresso principale è chiuso per motivi di sicurezza, e l'uscita secondaria è presidiata da poliziotti con i mitra spianati, qualcuno ha legato una rosa rossa e un cartello al tronco di un albero, con la scritta: «Il delitto di blasfemia è stato abolito nel 1789».

«Siamo contenti per la marcia repubblicana - dice Biard che all'avvenimento dedicherà le due pagine centrali - perché negli ultimi anni ci siamo sentiti un po' soli in questa lotta. E non vorremmo che fosse un fuoco di paglia. Ci piacerebbe si capisse che la religione deve restare nello stretto dominio dell'intimità, altrimenti non la finiremo mai col fascismo religioso. La laicità è il solo valore che permette l'esercizio della democrazia».

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