Esuberi delle Province ordinarie, situazione sempre confusa
Prosegue ancora con qualche patema d’animo la vicenda del personale «soprannumerario» delle Province ordinarie, per il quali le Regioni stanno decidendo in questi giorni, con una deadline fissata al 31 marzo dalla legge Delrio che ha depotenziato gli enti di area vasta cancellandone fra l’altro l’elezione diretta da parte dei cittadini.
Sereno il presidente della Conferenza delle Regioni Sergio Chiamparino, che pochi giorni ha tranquillizzato gli animi. In una partita giocata anche dall’affidamento delle funzioni alle città metropolitane, l’amministratore piemontese ha spiegato che «le Regioni stanno lavorando seriamente e mi sembra che la strada presa sia quella giusta».
Una vicenda complessa, impostata dalla legge 56 ma su cui si fanno sentire gli effetti della legge di stabilità, che ha tagliato ulteriori risorse alle Province, con una mannaia da 1 miliardo di euro per il 2015, da 2 miliardi per il 2016 e 3 per il 2017. Non a caso Chiamparino ha sottolineato che «tutto dipende dalle risorse a disposizione per svolgere le funzioni, anche se su questo aspetto sta lavorando ormai da tempo l’Osservatorio, ma in generale posso dire che le Regioni stanno operando al meglio per l’applicazione della Delrio». Intanto ad aver fatto per prima i ‘compiti a casà figura soltanto la Toscana, anche se le altre hanno accelerato negli ultimi giorni con l’approvazione di delibere ora al vaglio delle assemblee legislative.
A destare preoccupazione sono soprattutto le sorti di circa 20 mila dipendenti delle ex Province, di cui solo dopo il 31 marzo si conoscerà l’esatta entità e le qualifiche, visto che in base alla legge si dovrà tener conto delle funzioni fondamentali assegnate alle nuove Province (di area vasta), con un ammontare della spesa per il personale di ruolo fotografata all’8 aprile 2014, però con una riduzione del 50% o più.
Su tutto finora ha pesato un grave ritardo delle Regioni, denunciato in verità e senza reticenze anche da esponenti di governo, provocato anche in questo caso dai tagli inferti alle risorse (5 miliardi). Su questo aspetto sono chiare le parole di Massimo Garavaglia, coordinatore della commissione finanze della Conferenza delle Regioni, che ha esposto la complessità della vicenda parlando del difficile riallineamento fra il costo standard da attribuire ad ogni funzione, che per forza di cose va a cozzare con l’aumento della spesa storica delle vecchie Province.
«Questi aspetti - ha detto l’assessore lombardo - assumono aspetti di difficile sostenibilità nel momento in cui si esaminano i tagli approvati per le Province dalla legge di stabilità 2015».
Ma c’è anche chi tra le Regioni fa pesare la mancata risposta del governo alla proposta degli enti territoriali sulla copertura totale dei costi del personale, almeno in questa fase di passaggio. Da qui quella sorta di escamotage che punta a diversificare tra Regioni e Città metropolitane le assegnazioni delle funzioni che è possibile delegare, anche se in questo caso i sindaci delle metropoli, spingendo sui tagli apportati, continuano a chiedere un aumento a seconda del numero di funzioni di cui andranno a farsi carico.