Catalogna verso le elezioni, con minacce di secessione
Con l’avvio ufficiale della campagna per le cruciali regionali catalane, che domani coincide con la giornata della Diada che vedrà sulla Meridiana di Barcellona centinaia di migliaia di indipendentisti, inizia l’autunno di fuoco della politica spagnola, che culminerà in dicembre con le legislative ad alto rischio per Mariano Rajoy.
Il premier popolare ha annunciato oggi che le politiche si terranno con ogni probabilità il 20 dicembre. Sul voto nazionale peseranno pesanti incognite. In primo luogo il risultato delle regionali catalane del 27 settembre, che gli indipendentisti, sfidando apertamente Rajoy, vogliono trasformare in un plebiscito per l’indipendenza.
L’ultimo sondaggio Cis pubblicato oggi conferma che le due liste secessioniste (Junts pel Sì del Cdc centrista di Mas con la sinistra di Erc, e quella degli antisistema della Cup) insieme potrebbero ottenere di misura la maggioranza assoluta nel nuovo parlamento di Barcellona, con 68-69 seggi su 135.
Avrebbero però solo il 44% dei voti. I partiti spagnolisti il Psoe e il Pp sono dati in forte calo, con rispettivamente 16-17 e 12-13 seggi, superati da Ciudadans (19-20) e Podemos (18-19).
Il presidente catalano uscente il nazionalista Artur Mas ha annunciato che se vinceranno, gli indipendentisti inizieranno una «disconnessione» dalla Spagna con l’obiettivo di arrivare alla secessione in 18 mesi.
Una prospettiva che suscita già altissima tensione con Madrid. Il premier ha dichiarato incostituzionale l’ipotesi di una secessione catalana e minaccia di commissariare la regione se Mas andrà allo scontro. Le prime mosse verso la secessione, in caso di vittoria degli indipendentisti, interverrebbero però con il parlamento spagnolo già sciolto per le politiche di dicembre.
Secondo il quotidiano La Razon questo potrebbe frenare la risposta del governo centrale che in base all’articolo 155 della Costituzione ha bisogno di un voto del Senato prima di agire contro una regione.
L’incertezza politica è accentuata anche dalle incognite che l’emergenza dei due partiti antisistema alle locali e regionali di giugno, Podemos e Ciudadanos, fanno pesare sulla futura governabilità del paese. I sondaggi in vista delle politiche di dicembre danno per ora attorno al 28% circa al Pp di Rajoy e al 24% al Psoe di Pedro Sanchez.
Ma il sistema spagnolo è ora quadripolare e sembra escluso che uno dei due grandi partiti tradizionali possa ottenere la maggioranza assoluta.
I sondaggi danno il 16% circa a Podemos di Pablo Iglesias, attorno al 13% a Ciudadanos di Albert Rivera, oggi l’uomo politico più popolare del paese.
Il prossimo governo spagnolo con ogni probabilità sarà una coalizione fra nuovo e vecchio - Pp-Cds o Psoe-Podemos - a meno che non si arrivi a un inedito patto Pp-Psoe.
I negoziati saranno probabilmente lunghi, lasciando un governo Rajoy ad interim indebolito a gestire la possibile crisi della secessione catalana, la più grave per la Spagna dalla fine della dittatura franchista.