Anche il decreto sugli scioperi nei musei divide il Pd
Il Colosseo come le Ferrovie dello Stato, le scuole o gli ospedali. Il decreto varato ieri dal governo è destinato a portare a una vera e propria svolta sull’esercizio del diritto di sciopero nei siti archeologici, museali, o comunque legati al patrimonio storico e artistico italiano, inserendo la loro fruizione nel quadro dei servizi pubblici essenziali citati nella legge 146 e sui quali vige la regola della soglia minima garantita.
Il governo ha colto la palla al balzo, nel giorno (ieri) della polemica per la chiusura del Colosseo dalle 8.30 alle 11.30, per lo svolgimento di un’assemblea dei lavoratori che il sindacato ha sottolineato essere stata del tutto regolare e annunciata per tempo.
Ma l’evento, dopo un caso simile accaduto in luglio nell’area archeologica di Pomei, ha irritato profondamente il ministro Dario Franceschini e subito è scattata la risposata del govenor per un giro di vite.
«Le cose sono sempre più chiare. Un caso montato per mettere in pratica un disegno preciso (e già deciso) contro il lavoro pubblico», scrive in un tweet il segretario generale della Fp Cgil, Rossana Dettori, in merito alla vicenda dell’assemblea al Colosseo e del dl approvato ieri dal Cdm.
«Non un diritto in meno ai lavoratori, un po' di rispetto in più per chi visita l’Italia. Il governo Renzi ha fatto una scelta di buonsenso», replica invece il senatore Pd Andrea Marcucci, presidente della commissione cultura a Palazzo Madama.
«Nel Paese in cui le relazioni sindacali si sviluppano nel solco dell’ideologia renziana, ciò che fa scandalo è lo sciopero dei lavoratori del Colosseo. Ciò che, invece, dovrebbe scandalizzare è il fatto che a Roma, la Capitale d’Italia, chi lavora nella più importante attrazione turistica, garantendone le aperture straordinarie, rimanga senza stipendio da mesi», controbatte in una nota il capogruppo Sel in Campidoglio, Gianluca Peciola.
Insomma, lo scontro è sul diritto dei lavoratori dei luoghi culturali di organizzarsi e esprimersi sul piano anche della lotta sindacale. Questa loro possibilità ora viene limitata secondo il quadro già vigente per i servizi pubblici essenziali.
Il riferimento resta quello della legge 146 del 1990 che, all’art.1 annovera tra i servizi pubblici essenziali, «quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione ed alla libertà di comunicazione». In realtà, la legge prendeva in considerazione il patrimonio storico e artistico ma solo sotto il profilo dell’integrità e della salvaguardia dei beni.
Con il dl, invece, anche la fruizione di siti archeologici e musei, pubblici o privati, entra nel quadro dell’art.1 della 146. Siti nei quali il servizio pubblico dovrà comunque rispettare una soglia minima di garanzia.
Non solo, ma qualsiasi assemblea - come quella di ieri al Colosseo - o agitazione dovrà essere sottoposta al vaglio dell’Autorità di garanzia per gli scioperi che ha comunque la facoltà di chiedere la precettazione dei lavoratori. E, in caso di assemblee organizzate in violazione della 146 - che quindi si configurano come forme anomale di sciopero - i sindacati coinvolti rischiano anche una sanzione da parte del Garante.
Quella dei sindacati, al di là del decreto varato ieri, è una riforma che, sottoforma di almeno tre ddl, giace da tempo anche nelle commissioni di Camera e Senato. Se a Montecitorio il ddl porta la firma del presidente della commissione Lavoro, Cesare Damiano, è al Senato che, da qualche settimane governo e maggioranza guardano per far partire l’iter.
E in tal senso, più che il ddl del centrista Maurizio Sacconi, è alla proposta depositata in luglio da Pietro Ichino (Sc), che si guarda. Nel ddl si prevede che, per indire uno sciopero sussistano due condizioni: la prima è che venga proclamato da almeno un sindacato che rappresenti il 50% più uno dei dipendenti di un’azienda. La seconda è se ad indire lo sciopero è un sindacato minoritario si indica un referendum: lo scioperò sarà indetto se a dire saranno il 50% dei dipendenti, con un quorum non inferiore al 50%.
A favore di un severo giro di vite si dice il presidente dell’Autorità di garanzia per gli scioperi, Roberto Alesse: «Questa è straordinaria occasione per una riflessione complessiva sul diritto di sciopero e per attualizzare la legge 146 del 1990, intervenendo anche sulla rappresentanza sindacale». Il Garante plaude al decreto con cui si prevede che, anche nei siti archeologici e museali, «in caso di eventuali astensioni collettive debbano essere garantite sempre soglie minime di fruizione dei beni».
E se per il ministro Franceschini il decreto è «un passaggio storico ben oltre i fatti di ieri», per l’ex segretario del suo partito, Pier Luigi Bersani, oggi esponente di spicco della minoranza Pd, quando si toccano i diritti di difesa dei lavoratori bisogna andare cauti: «Non si può sbattere la croce su un lato solo. Se io fossi al governo e mi arrivano dei lavoratori pubblici che mi dicono che da un anno e mezzo non prendono il 30% dei compensi direi loro: vi capisco e risolvo.
Mettiamola così invece di creare situazioni che i cittadini non capiscono, i turisti non capiscono e il governo non capisce o fa finta di non capire. I lavoratori vanno ascoltati. Hanno o non hanno più diritto di parlare?».