Terrorismo, M5S contro Renzi Basta affari in Arabia Saudita
«Cos'è andato a fare il premier a Riad dove finanziano i jihadisti?»
«Il governo la smetta di fare affari con chi finanzia l’Isis»: così il deputato del direttorio M5S Alessandro Di Battista, oggi, sul blog di Beppe Grillo dove aggiunge: «Il doppio gioco di Matteo Renzi è un pericolo per l’Italia e la rende ancora di più un bersaglio dei terroristi. Il Pd la smetta di occuparsi solo del M5S e inizi ad occuparsi di terrorismo!».
Il riferimento dell’esponente M5S è, fa l’altro, alla missione di un paio di settimane fa del premier Matteo Renzi in Arabia Saudita.
La missione appena conclusa a Riad, aveva detto Renzi il 9 novembre scorso dopo il colloquio con il Re saudita, è «un primo passo per ripartire con più slancio, più che la conclusione di cose lasciate aperte. La relazione tra i due Paesi ha grandi potenzialità sia sul piano degli investimenti, a partire da infrastrutture, sia sul piano degli scambi culturali, a partire da quelli universitari».
Ma proprio l’Arabia Saudita, oltre a essere nel mirino per la negazione di diritti civili, è considerata dagli osservatori internazionali, insieme ad altri ricchi Paesi petroliferi del Golfo, una delle nazioni in cui sono presenti famiglie miliardarie che finanziano indisturbate i terroristi dello stato islamico.
«La guerra al terrorismo portata avanti finora non ha prodotto risultati, se non quello di rafforzare i terroristi che ora dispongono di un territorio ricco di petrolio dalla cui vendita ricavano mezzo miliardo di dollari ogni anno.
Per eliminare l’Isis ed evitare massacri come quello di Parigi bisogna colpirlo prima di tutto nel portafoglio», si legge in un altro post sul sito di Beppe Grillo in cui compare una una foto del premier Matteo Renzi con il principe ereditario e ministro dell’Interno dell’Arabia Saudita, Mohammed Bin Nayef, durante la sua visita a Riad l’8 e il 9 novembre e la scritta «il terrorismo non si combatte così».
«Tutti i Paesi - si legge ancora - che sostengono direttamente o indirettamente il terrore jihadista devono essere isolati e sanzionati, in particolare l’Arabia Saudita. Il M5S vuole eliminare il terrorismo islamico, non dialogare con i suoi finanziatori come ha fatto il premier italiano appena qualche giorno fa e che oggi tenta di riparare dicendo che "L’Italia intesa come Paese non fa affari" con i Paesi che finanziano il terrorismo.
Può darci le prove? Cosa è andato a fare a Riad? Ci mancherebbe che ci facesse pure gli affari, ma con chi finanzia i terroristi non ci deve essere dialogo: vanno sanzionati. Che sicurezza può dare agli italiani un premier che va a parlarci come se niente fosse?».
Nel frattempo, Beppe Grillo ha cancellato il suo nome dal simbolo del movimento, per consentirgli di camminare da adulto sulle proprie gambe.
«Ci ho messo la faccia, il nome e anche il cuore, ma oggi che il Movimento 5 Stelle è diventato adulto e si appresta a governare l’Italia credo che sia corretto non associarlo più a un nome, ma a tutte le persone che ne fanno parte. Per questo voglio cambiare il simbolo eliminando il mio nome» proclama di mattina sul suo blog annunciando l’avvio di un sondaggio tra gli iscritti per decidere se sostituire il suo nome sul simbolo con quello della pagina web del movimento oppure se lasciarlo in bianco.
E la base, a malincuore vota. In oltre 30 mila, su 40 mila votanti, decidono di mettere al posto del suo nome l’indirizzo Web del Movimento.
L’alternativa era non mettere nulla. Il nome di Grillo resta invece sul blog: beppegrillo.it rimante la «porta» di accesso al pubblico sul mondo del Movimento.
Intanto, però, quello che doveva essere il passaggio simbolico della crescita del M5s da creatura nelle mani dell’ex comico ad un moderno movimento nelle mani dei cittadini si trasforma in una riconferma del ruolo imprescindibile del leader. Deputati e senatori plaudono al grande gesto.
«Grazie Beppe. Sei l’uomo più generoso che conosca» confessa Luigi Di Maio. «E questo colloca Beppe Grillo tra gli uomini più grandi della storia d’Italia» commenta la senatrice Elena Fattori. «Lascia il movimento ai cittadini, diventando egli stesso cittadino...ovviamente speciale. Cade il nome, non cade Grillo, non cade il progetto e non cade un sogno» afferma la collega Serenella Fucksia che paragona il gesto di Grillo al «compito di ogni buon padre».
Per Gianroberto Casaleggio, tra i fondatori del Movimento Cinque Stelle, il nuovo simbolo, con la scomparsa del nome di Beppe Grillo, «è un pit-stop. Noi abbiamo fatto il cambio gomme, gli altri resteranno presto senza benzina». Quel che sta accadendo con il terrorismo è il «ritorno degli imperi centrali». In Vaticano «è in corso la notte dei lunghi coltelli».
Casaleggio, in una intervista alla Stampa, spiega di vedersi tra cinque anni «a trascorrere più tempo in famiglia e a curare un bosco abbandonato». Casaleggio si dice soddisfatto del sistema di scelta dei candidati alle amministrative, e alla richiesta di un pronostico risponde: «Miglioreremo ovunque il risultato».
Sul capo futuro del Movimento, Casaleggio afferma che non sarà né Di Maio né Di Battista, perché «il leader del movimento Cinque Stelle è il M5S stesso».
Alla domanda se sia normale che se un movimento vuole pensare al lungo periodo si affranchi dal fondatore, Casaleggio replica: «Sì, altrimenti si rischia di non sopravvivere.
Guardate cosa è successo a Berlusconi».
Sul perchè ora, aggiunge: «Sarebbe potuto capitare fra tre mesi. Era nelle cose. Abbiamo fatto un pit-stop per il cambio gomme, mentre gli altri presto rimarranno senza benzina».
Su come funzioni operativamente il lavoro con Beppe Grillo, fa sapere: «Ci sentiamo spesso e ci vediamo qualche volta durante il mese, a Milano o a Genova. Non c’è un metodo, se non quello di condividere le idee e quando necessario prendere delle decisioni». «La crisi - osserva quindi - non è per nulla archiviata, bisognerebbe chiederlo alle persone che non riescono più a pagare mutuo e sanità».
«Penso alla Rete - prosegue - come a un’intelligenza collettiva. Oggi sono iscritte al Movimento 5 Stelle circa 130mila persone, in continua crescita.
«Ci sono stati pochi casi - nota infine Casaleggio - di candidati, sui 1600 eletti nelle istituzioni, rivelatisi inadatti in seguito alle votazioni online».