Si tornano a cercare le spoglie del grande poeta spagnolo Garcia Lorca

Rimane il grande giallo irrisolto della tragedia della Guerra Civile del ‘36-’39: dove sono i resti del poeta Federico Garcia Lorca, assassinato dai franchisti il 18 agosto 1936 perché gay e «rosso», cioè fedele alla Repubblica? Già due volte sono state avviate ricerche ad Alfacar vicino a Granada dove il grande poeta e drammaturgo era stato condotto dopo l’arresto e giustiziato con il maestro repubblicano Dioscoro Galindo e i banderilleros anarchici Francisco Galadi e Joaquin Arcollas. Invano. Oggi è partito il terzo tentativo in un prato poco distante dalle due zone già esplorate.

L’archeologo Javier Navarro e lo storico Miguel Caballero che conducono le ricerche in nome dell’associazione «Regreso con Honor» sono convinti che i corpi dei quattro uomini siano stati gettati in uno dei vecchi pozzi che si trovavano allora nella zona, la Fuente de Aynadamar o de las Lagrimas, Fonte delle Lacrime. Un nome predestinato.

Ma prima di iniziare le ricerche dei resti l’equipe di Regreso con Honor deve togliere dal terreno i 640 metri cubi di terra che qui vennero depositati negli anni ‘80 per fare un campo da calcio. Poi entrerà in azione il georadar, che dovrà verificare se vi siano antichi pozzi e se contengano resti umani. Nel 1965 un rapporto della polizia del regime franchista aveva indicato nella zona di Alfacar il luogo della sepultura del poeta, «omosessuale, massone e socialista», avertendo però che era «molto difficile da identificare». Il regime del dittatore Francisco Franco probabilmente non moriva dalla voglia di trovare prove di un assassinio condannato dal mondo intero.

Tradito da una soffiata il poeta era stato arrestato a Granada dai miliziani falangisti il 16 agosto 1936 e trasferito nel centro di interrogatorio e tortura della «Colonia» di Viznar poco fuori città. Due giorni dopo veniva fucilato con i toreri anarchici e il maestro repubblicano. Il plotone non lo aveva ucciso. Forse ai miliziani era mancato il coraggio di sparare su una leggenda vivente. Era stato freddato a terra con due colpi di pistola al capo dal franchista Antonio Benavides, che a lungo si vantò di avergli «messo due pallottole in testa».

Per più di 60 anni nessuno ha cercato di ritrovare i resti dell’autore di Nozze di Sangue e dei suoi compagni. La Spagna del dopo Franco a lungo ha preferito lasciare nell’armadio gli scheletri della dittatura. Il paese è ancora cosparso di centinaia di fosse comuni della Guerra Civile con migliaia di cadaveri, mai aperte e spesso nemmeno localizzate. Solo nel 2009 dopo l’adozione della legge sulla Memoria Storica del governo Zapatero c’è stato un primo tentativo. Poi un secondo. A vuoto.

E mentre i resti di uno dei più grandi poeti spagnoli rimangono «dispersi», la salma del dittatore è sempre nel faraonico mausoleo del Valle de los Caidos a nord di Madrid. «Come se a Berlino ci fosse un mausoleo di Hitler» tuona Balthasar Garzon. Il celebre ex-giudice ha chiesto che i resti di Franco siano tolti dal mausoleo e restituiti alla famiglia e seppelliti in un normale cimitero.



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