«Lo sterminio ha portato turismo ad Auschwitz»
Indignazione per la frase su Facebook del presidente del Parco delle Cinque Terre
LA SPEZIA - «Vabbè, lo sterminio... però ha portato tanto turismo». La frase, a corredo di una foto di Auschwitz, compare in un post-provocazione sulla pagina Facebook del presidente del Parco Nazionale delle Cinque Terre Vittorio Alessandro. Quello che voleva essere un sasso nello stagno, lanciato dal presidente che da tempo denuncia l'impatto devastante dei flussi turistici di massa sul territorio fragile delle Cinque Terre, si è trasformato in un boomerang con manifestazioni di indignazione e richieste di dimissioni.
«Così non possiamo continuare, stiamo per esplodere» aveva detto Alessandro già nel 2016, commentando treni stipati, code impossibili, sentieri presi d'assalto con rischi per la sicurezza delle persone e del territorio delle Cinque Terre. Ma la metafora amara utilizzata dal presidente del parco, con Auschwitz a rappresentare lo sfruttamento dei luoghi «sacri» per profitto, ha scatenato una bufera, con centinaia di commenti e inviti a scusarsi. A cominciare dagli insegnanti, che hanno sottolineato che portare i ragazzi a visitare i lager non sia turismo. Alla fine il post, più volte segnalato, è stato rimosso dagli amministratori di facebook. «Non era mia intenzione offendere. Ho scelto un tema così forte perché l'argomento sollevato, il turismo indirizzato in massa verso i luoghi sacri, non trova coscienze attente. Se proprio non vogliamo parlare dei campi di sterminio - ha spiegato in seguito - si veda allora cosa accade con il turismo religioso. E cosa si fa delle Cinque Terre o di Venezia. Se qualcuno si è sentito offeso chiedo scusa».
Alessandro, già contrammiraglio della Capitaneria di porto, ha ulteriormente spiegato il suo pensiero. «Il turismo non è sempre buono se consuma tutto, se distrugge. Però si riabilita se crea profitto». Sono quasi tre milioni i turisti ogni anno nei cinque borghi spezzini, dove i residenti non arrivano a 5 mila. Alessandro aveva lanciato l'allarme sulla necessità di regolare i flussi, sino a parlare di numero chiuso.