Rigopiano, ha sede legale a Bolzano la società proprietaria dell'hotel
«Tutto all’Hotel Rigopiano è stato fatto rispettando le norme». È quanto comunica la società trevigiana proprietaria dell’albergo di Farindola. Dopo una serie di vicissitudini, come riporta il Corriere del Veneto, alcuni anni fa la proprietà della struttura è passata alla A-Real Estate, società con sede legale a Bolzano e uffici operativi a Treviso.
E nel capoluogo trevigiano ha sede anche la A-Leasing, che si occupa di finanziamenti ed è controllata da una holding austriaca.
Nell'hotel travolto dalla valanga al momento sono state estratte senza vita 23 persone, altre 6 risultano disperse.
Sandro Casellato è contemporaneamente consigliere di amministrazione della A-Leasing e amministratore delegato della A-Real Estate, due società il cui cda, pur con ruoli diversi, è composto dalle stesse persone.
«A-Real Estate spa è in possesso di tutta la documentazione relativa ai permessi a costruire rilasciati dal Comune di Farindola sin dall’anno 2006 - si legge nella nota ufficiale diffusa dal gruppo - e dei certificati di agibilità firmati dallo stesso ente. La società - si precisa - ha inoltre dato incarico a più riprese di svolgere perizie che miravano a verificare di volta in volta la presenza dei requisiti di legge in tema di conformità ed adeguatezza della struttura, dal momento che l’attività alberghiera era svolta da una società terza non appartenente al proprio gruppo societario e quindi vi era una dichiarata volontà di vigilanza».
Nel dichiararsi pronta «alla piena collaborazione verso tutte le autorità interessate», A-Real Estate rende poi noto di aver «già dato mandato ad un legale di fiducia di prendere contatto con la Procura di Pescara per dare disponibilità assoluta all’autorità giudiziaria per tutto ciò che fosse necessario alle indagini».
Testimonianze, acquisizioni, documenti, autopsie: l’inchiesta della Procura di Pescara prosegue su più fronti. Oggi sono stati ascoltati Giorgia Galassi e Vincenzo Forti i due fidanzati di Giulianova, i quali sono molto provati. Hanno avuto un pensiero per le vittime, ma soprattutto, raccontano gli inquirenti, avevano voglia di parlare, di sfogarsi. Non hanno aggiunto molto a quanto già si sapeva.
Mentre nel tardo pomeriggio sono iniziate altre autopsie, il fronte delle indagini cerca particolari precisi su tutto quello che poteva essere fatto prima, cioè per la gestione dell’emergenza e per il durante, cioè capire se in quel disastro totale che era l’Abruzzo di quelle ore, tutto sia stato fatto per arrivare in tempo a Rigopiano.
Le turbine per esempio: in Abruzzo l’Anas ne ha nove. Quella di Penne non si è mai fermata, ha spazzato la ss 81 di competenza dell’Anas, ma sarebbe stata più necessaria altrove? E chi avrebbe dovuto decidere? È al vaglio insomma la catena di comando dei soccorsi, le responsabilità precise delle sale operative.
Nell’inchiesta intanto irrompe come un macigno la sentenza del 2016 sulla presunta corruzione nei lavori di ristrutturazione del 2007-2008. Il Forum H2O alla lettura del dispositivo ha subito annunciato che lo invierà al Csm per le valutazioni.
Nella sentenza in merito ai presunti abusi su terreni demaniali ad uso civico pastorale si confermano gli abusi, sanati successivamente da una delibera del Comune che diventò oggetto di accusa della Procura. I tre giudici scrivono che «l’occupazione abusiva che riguardava una porzione di terreno piuttosto esigua (1.700 mq) tenuto conto della collocazione geografica (un’area di montagna totalmente disabitata e destinata a pascolo), fu sanata e stabilito per la sua occupazione un canone che non vi sono motivi per ritenere incongruo».
In una intercettazione due imputati tra i quali il sindaco dell’epoca Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico (Giancaterino è il fratello di una delle vittime della valanga), dicevano che «la delibera che sanò l’abuso non doveva mettere in risalto lo specifico aspetto dell’occupazione abusiva», perchè secondo il giudice «tale preoccupazione è motivata da finalità meramente politiche e non dalla necessità di favorire illecitamente i propri sodali».
Tra i reati ipotizzati dalla Procura c’era l’assunzione all’hotel Rigopiano di parenti degli amministratori comunali imputati. Nella sentenza di assoluzione degli imputati si legge, tuttavia, «di una zona grigia moralmente sgradevole ma penalmente irrilevante, comportamenti abituali (in questo paese) di soggetti titolari di potere, i quali ritengono di utilizzare la loro posizione di primazia per assicurare vantaggi a familiari ed amici, consapevoli che il potere a loro affidato comporti di per sè tali privilegi».