Ieri a Milano la preghiera per l'ultimo saluto a dj Fabo
L’ineludibilità della morte anche come fine della sofferenza e come scelta consapevole, la bellezza della vita da onorare con l’impegno. Sono sembrati questi i due temi che parenti, amici, conoscenti e cittadini comuni hanno messo al centro del ricordo pubblico e dell’ incontro di preghiera, ieri sera nella parrocchia di Sant’Ildefonso a Milano, per Dj Fabo.
E Fabiano Antoniani, che ha deciso di porre fine alla sua esistenza a 40 anni il 27 febbraio scorso con un suicidio assistito alla clinica Dignitas vicino Zurigo dopo essere diventato cieco e tetraplegico in un incidente stradale, è stato celebrato, significativamente, con i fuochi d’artificio al termine di una cerimonia assai insolita e piena di significati.
Nella chiesa, gremita al punto che tanti sono rimasti in piedi, la mamma Carmen, la fidanzata Valeria Imbrogno, il radicale Marco Cappato che ha accompagnato Dj Fabo in Svizzera e poi si è autodenunciato essendo conseguentemente indagato, il sindaco Giuseppe Sala, Mina Welby, vedova di Piergiorgio che riuscì dopo anni di paralisi per la Sla a poter decidere di morire e a cui fu negato il funerale religioso, e il giornalista Emilio Fede. Non a officiare, ma a consolare e a dare tutta la sua vicinanza don Antonio Suigni.
«Mi bastate tu e la mamma mi dicevi sempre, ma non era vero e ci soffrivi. Ne soffrivi tanto ma in quella sofferenza hai trovato la forza di tornare libero, il Fabo che eri prima», ha detto, con forza e commuovendo tanti, Valeria che ha ricordato come Fabiano soffrisse perchè alcuni amici si erano allontanati.
«Abbiamo parlato tanto e più volte mi hai detto di leggere queste parole e di spiegare a tutti l’amicizia - ha aggiunto -, quella vera che nasce da un sentimento profondo, un accordo di sentimenti che non provoca contrasti. Di spiegare quella scelta di odio e amore verso le persone che ci sono state e sono state ma poi si sono allontanate». Quindi ha citato un brano di ‘Sky and sand’ di Paul Kalkbrenner.
Don Antonio ha ricordato che in questa parrocchia Fabo «ha costruito i suoi primi anni di vita» e che «Dio sta vicino alla nostra vita e ci accompagna anche nelle nostre sofferenze e ci dà la forza di camminare. Quello di oggi può essere anche un momento per riscoprire la nostra esistenza, chi siamo e dove vogliamo andare». Quindi ha letto brani dei Vangeli da Giobbe alla prima lettura di San Giovanni Apostolo.
Poco prima di entrare Mina Welby, rispondendo alle domande dei giornalisti (tanti i cronisti e le telecamere), aveva sottolineato con evidente condivisione: «Questa volta la Chiesa fa espressamente un atto pubblico di accoglienza, anche di consolazione. A quei tempi, quelli di mio marito, lo ha fatto silenziosamente, privatamente. Dobbiamo ricordare Fabo - ha aggiunto - anche per quello che lui ha fatto per noi e per tutta l’Italia. Anche lui ha voluto dare il suo corpo per una battaglia assolutamente necessaria per avere la libertà di decidere sulla fine della vita e su una buona legge».
«Non ho la ricetta magica e non so quale sia la soluzione migliore ma certamente il governo ha il dovere di portare a termine la legge sul fine vita. Una legge che non parla di eutanasia. Oggi un passo avanti è necessario», ha osservato Sala esprimendo «vicinanza alla famiglia prima da cittadino che da sindaco». Anche Fede ha sottolineato che «quando una persona sta malissimo e chiede o lascia disposizione di poter por fine alla vita bisogna assecondarlo. Io sto con Fabo».
Cappato non ha rilasciato dichiarazioni: ha abbracciato forte la mamma di Dj Fabo e poi è uscito mentre i fuochi d’artificio sono sembrati dare un senso al tutto: un ricordo all’insegna della vita, non della morte.