Istat: in Italia aumentano le diseguaglianze. Il rapporto
Italia Paese di impiegati e pensionati con sette giovani su dieci ancora a casa con i genitori e con la classi sociali che esplodono.
È l'impietoso ritratto del Belpaese fatto dall'Istat nel Rapporto annuale.
L'Istat traccia una nuova mappa socio-economica dell'Italia, dividendo il Paese in nove gruppi in base al reddito, al titolo di studio, alla cittadinanza e non guardando così più solo alla professione, come nelle tradizionali classificazioni.
I due sottoinsiemi più numerosi sono quelli delle famiglie di impiegati, appartenete alla fascia benestante (4,6 milioni di nuclei per un totale di 12,2 milioni di persone) e delle famiglie degli operai in pensione, fascia a reddito medio (5,8 milioni per un totale di oltre 10,5 milioni di persone).
Per l'Istat il gruppo più svantaggiato economicamente è quello delle "famiglie a basso reddito con stranieri" (1,8 milioni pari a 4,7 milioni di persone), seguono le "famiglie a basso reddito di soli italiani" (1,9 milioni che comprendono 8,3 milioni di soggetti), le meno numerose "famiglie tradizionali della provincia" e il gruppo che riunisce "anziane sole e giovani disoccupati".
A reddito medio sono invece considerate oltre alle famiglie di operai in pensione, quelle di "giovani blu collar" (2,9 milioni, pari a 6,2 milioni di persone).
Nell'area dei benestanti, l'Istat inserisce oltre alle "famiglie di impiegati", quelle etichettate 'pensioni d'argento' (2,4 milioni, per 5,2 milioni di persone). Il primo posto sul podio dei più ricchi spetta alla 'classe dirigente' (1,8 milioni di famiglie, pari a 4,6 milioni di persone).
La classe operaia e il ceto medio "sono sempre state le più radicate nella struttura produttiva del nostro Paese" ma "oggi la prima - osserva l'Istat - ha abbandonato il ruolo di spinta all'equità sociale mentre la seconda non è più alla guida del cambiamento e dell'evoluzione sociale".
Si assiste quindi a una "perdita dell'identità di classe, legata alla precarizzazione e alla frammentazione dei percorsi lavorativi".
Per l'Istituto ci sono interi segmenti di popolazione che "non rientrano più nelle classiche partizioni: giovani con alto titolo di studio sono occupati in modo precario, stranieri di seconda generazione che non hanno il background culturale dei genitori, stranieri di prima generazione cui non viene riconosciuto il titolo di studio conseguito, una fetta sempre più grande di esclusi dal mondo del lavoro dovuta - sottolinea l'Istituto - anche al progressivo invecchiamento della popolazione".
Ecco che nella nuova geografia dell'Istat "la classe operaia", che "ha perso il suo connotato univoco", si ritrova "per quasi la metà dei casi nel gruppo dei 'giovani blue-collar'", composto da molte coppie senza figli, e "per la restante quota nei due gruppi di famiglie a basso reddito, di soli italiani o con stranieri".
Anche la piccola borghesia si distribuisce su più gruppi sociali, in particolare "tra le famiglie di impiegati, di operai in pensione e le famiglie tradizionali della provincia". Secondo l'Istituto "la classe media impiegatizia è invece ben rappresentabile nella società italiana, ricadendo per l'83,5% nelle 'famiglie di impiegati".
L'Istat fa notare come nel gruppo leader dal punto di vista numerico, quello degli impiegati, il capofamiglia, la persona di riferimento, sia donna in quattro casi su dieci. La nuova mappa nasce dall'esigenza di tenere conto anche della popolazione non occupata, a differenza delle classiche tassonomie che prendono in considerazione solo i lavoratori, e soprattutto dalla necessità di ricalibrare le stratificazioni socio-economiche, viste le frammentazioni in atto. Oggi infatti, fa notare l'Istituto, la "classe operaia ha perso il suo connotato univoco" e "la piccola borghesia si distribuisce su più gruppi sociali.
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